giovedì 4 aprile 2013

Morte di Stato per 15mila aziende

Il ritardo sui ritardi può sembrare una barzeletta. Eppure, è proprio quello che è successo ieri sulla questione del pagamento dei debiti pregressi della Pa nei confronti delle imprese, con il decreto slittato a data da destinarsi dopo l’ennesimo pasticcio del governo Monti, che ha provato a scaricare sui contribuenti la copertura del provvedimento. Nel frattempo, le imprese continuano a morire come mosche. Dall’inizio della crisi ad oggi sono già fallite 15mila imprese a causa dei ritardati pagamenti della Pa, il 114% in più rispetto al 2008 quando il numero era stato di 1.800. Sul fronte dell’occupazione, i posti di lavoro persi sono stati circa 60mila.

 Dati definiti «molto preoccupanti» dalla Cgia di Mestre, che rilancia l’indagine di Intrum Justitia secondo cui il 25% delle imprese fallite in Europa chiude a causa dei ritardi nei pagamenti. Secondo le stime dell’associazione, tra il 2008 ed il 2010 l’incidenza «ha raggiunto la soglia del 30%, per salire al 31% nel biennio 2011-2012». Pertanto, spiega la Cgia, a fronte di oltre 52.500 fallimenti registrati in Italia nel quinquennio preso in esame, si stima che poco più di 15.100 chiusure aziendali siano addebitabili ai mancati pagamenti della Pa. «Oltre ai ritardi, hanno sicuramente concorso alla chiusura di queste attività anche gli effetti nefasti della crisi, a partire dalla forte contrazione nell’erogazione del credito che ha caratterizzato l’azione degli istituti di credito nei confronti soprattutto delle piccole imprese», commenta il segretario, Giuseppe Bortolussi. Situazione confermata ieri dal Fondo monetario internazionale, che ha lanciato l’allarme sugli effetti dello spread sul credito alle imprese. L’estrema volatilità del mercato del debito sovrano italiano, con forti ripercussioni sui costi di approvvigionamento delle banche ha provocato una stretta che ha colpito «in particolare le piccole imprese». Se il tasso annuale di crescita del credito per il settore privato è infatti sceso dal 3,5% nel novembre 2011 al -0,9% nel dicembre 2012, per le Pmi l’andamento è passato dallo 0,4% di novembre 2011 a -5,9% del novembre 2012.

E visto che il 95% delle imprese in Italia ha meno di 10 addetti, ricorda la Cgia, l’eventuale sblocco di una parte importante dei 91 miliardi di arretrati che la Pubblica amministrazione conta nei confronti delle imprese, «gioverebbe a tutto il sistema economico ed in particolar modo alle piccole realtà imprenditoriali». Ma servirebbe anche, sottolinea ancora la Cgia, l’impegno dei destinatari di questi pagamenti a saldare in tempi rapidissimi gli arretrati accumulati nei confronti dei propri subappaltatori/subfornitori. «Solo così tutto il sistema produttivo potrà beneficiare di questa nuova ondata di liquidità», conclude Bortolussi.
L’allarme della Cgia arriva da una delle regioni più colpite dalla crisi. Secondo la Fim-Cisl, in Veneto nel solo settore metalmeccanico, fra il 2009 e il 2012 sono scomparse circa mille imprese. La presenza del settore metalmeccanico nell’area è oggi costituita da 22.400 imprese di cui circa 1.000 hanno più di 50 dipendenti. Sul versante dell’occupazione il segno meno a dicembre 2011 aveva già toccato quota 22mila, mentre nel 2012 sono andati persi 4mila posti. Gli occupati, oltre 255mila nel 2008, erano scesi a 233mila nel 2011. A farne le spese soprattutto l’occupazione femminile (-6mila donne) e quella giovanile, con gli under30 scesi del 30%.

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