giovedì 11 aprile 2013

I record di Monti: debito al 130% e contabilità parallela sull'Imu

Un debito record che riporta l’Italia ai tempi del ventennio fascista, un quadro di finanza pubblica pesantemente peggiorato rispetto all’ultimo aggiornamento del Def e una contabilità parallela che non tiene conto del percorso legislativo dell’Imu impostato dallo stesso governo. Se si trattasse di un’impresa privata ci sarebbe già la finanza fuori dalla porta. Ma a Palazzo Chigi le cose funzionano diversamente. Il Def, ha spiegato ieri con orgoglio il premier Mario Monti illustrando il documento appena approvato dal Consiglio dei ministri, conferma «che il risanamento è avvenuto. Le finanze pubbliche sono su un sentiero sostenibile. È centrato l’obiettivo del bilancio in pareggio in termini strutturali». Insomma, un successo completo. Poi, però, il ministro dell’Economia ha iniziato a snocciolare i dati. E le sorprese non sono davvero mancate.

Per avere un’idea dell’entità della correzione in corsa metteremo tra parentesi le stime contenute nell’aggiornamento al Documento di economia e finanza diffuso solo lo scorso settembre. Il debito pubblico (anche, va detto, a causa dell’impatto del decreto sui debiti della Pa) al lordo dei prestiti diretti alla Grecia e della quota di pertinenza nei fondi Ue salva Stati, raggiungerà nel 2013 la cifra monstre mai raggiunta dall’epoca fascista del 130,4% (era previsto al 127,1%), per poi calare al 129% (125,1%) nel 2014 e al 125,5% (122,9%) nel 2015. Sull’avanzo primario (il saldo di bilancio al netto degli interessi passivi) il governo fa sfoggio di ottimismo, parlando di aumento «progressivo»,  ma anche in questo caso le asticelle sono nettamente inferiori alle precedenti previsioni. Il saldo si attesterebbe infatti al 2,4% quest’anno (era il 4%), 3,8% nel 2014 (4,4%), 4,3% nel 2015 (4,8%) fino al 5,7% del 2017. Stravolte anche le stime sul pil, che andrà giù dell’1,3% nel 2013 (-0,2%), ma salirà all’1,3% nel 2014 (1,1%) fino all’1,5% del 2015 (1,3%). Un aumento, ha spiegato il governo, che sarebbe anche frutto dell’effetto miracoloso delle riforme (+0,2% sul Pil nel 2013 e +0,7% nel 2014).

Si arriva infine al rapporto tra deficit e pil. Presentando il documento Monti ha premesso che «data la particolare situazione in cui si trova l’Italia il Def è un contributo, work in progress». Ma anche se spetterà al prossimo governo «presentare un’agenda di riforme per il medio periodo» il Prof ha voluto sottolineare che lascerà in eredità un Paese con i conti in regola e un «pareggio di bilancio strutturale acquisito».
Il disavanzo programmatico, che poi andrà depurato dagli effetti congiunturali come previsto dalle norme comunitarie, permetterebbe in effetti di stare sempre sullo 0%, con addirittura un surplus l’anno prossimo dello 0,4%. Il deficit sarebbe al 2,9% (la stima era al 2,6%) quest’anno (per effetto dello 0,5% in più dei debiti della Pa) e all’1,8% (1,5%) nel 2014. Dal 2015, però, la situazione si fa più complicata. Quell’anno, ha spiegato il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, «viene ad esaurimento la parte dell’Imu sulla prima casa e quella che riguarda l’aumento della rendita catastale». Il risultato sarà che «se l’Imu viene confermata avremo un bilancio in pareggio, se invece dovesse essere ristrutturata, sarà necessario trovare una compensazione». La questione non solo, come ha denunciato Confedilizia, «non lascia alcuno spazio alla richiesta di revisione dell’imposta», ma apre uno scenario inquietante.

Dal 2015 in poi i dati del governo si biforcano. Da una parte c’è il disavanzo programmatico di cui sopra e dall’altra quello tendenziale, che prevede un deficit/pil al 2,5% nel 2015, al 2,1% nel 2016 e all’1,8% nel 2017. Si tratta di uno scarto più che significativo, che progressivamente sale oltre il punto percentuale a causa degli 11 miliardi di gettito aggiuntivo caricati da Monti sull’Imu. Un’imposta applicata, come si legge nel salva Italia, «in via sperimentale» rispetto a quella originaria che non gravava sulla prima casa. Il problema è che fino ad ora, pur sapendo perfettamente che nel 2015 sarebbe scattata la tagliola per i conti pubblici, il governo si è guardato bene dal farne parole. Nel Def di settembre non c’ traccia della biforcazione e per il 2015 si prevede tranquillamente un deficit/pil all’1,5%, senza alcuna precisazione.
I trucchi di Monti non sono sfuggiti a Stefano Fassina, che ha parlato di «sorpresa amarissima». Non solo, ha criticato il responsabile economico del Pd, «il 2013 si chiuderà con un debito superiore di 10 punti rispetto al 2011, ma l’esecutivo lascia al prossimo governo manovre da fare di 1,4 punti percentuali a partire dal 2015». Infuriato anche il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta, che ha definito «molto grave» aver approvato «un documento programmatico fino al 2017 senza il coinvolgimento del Parlamento».

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