venerdì 12 aprile 2013

Imu o no, Monti ci ha lasciato il buco: arriveranno altre manovre

Altro che risanamento. L’eredità che Mario Monti lascia al prossimo governo, e soprattutto agli italiani, è una prospettiva di lacrime e sangue per molti anni a venire. Quello che già si era largamente intuito durante la presentazione del Def è scritto nero su bianco nel documento, con alcune agghiaccianti novità in merito alla tenuta dei conti pubblici.

 Mercoledì abbiamo appreso con stupore, considerato che finora la cosa non era mai stata segnalata in alcun documento ufficiale, che le previsioni prospettiche del governo sul pareggio di bilancio dal 2015 in poi non tengono conto della fine del regime sperimentale dell’Imu, che scatterà automaticamente in assenza di interventi legislativi. Il buco provocato dal venire meno dell’imposta sulla prima casa e dell’aumento delle rendite catastali, ci ha spiegato il ministro dell’Economia comporterà un buco di 11 miliardi. L’impatto sul deficit per il 2015 sarà di 1 punto secco percentuale (dall’1,5% programmatico al 2,5% tendenziale).

Adesso, scorrendo il testo del Def (che forse non a caso è formato da centinaia di pagine, tre sezioni e cinque allegati), scopriamo che i conti non torneranno neanche se l’Imu verrà mantenuta così com’è. Insomma, il pareggio strutturale di bilancio promesso all’Europa e agli italiani, a legislazione vigente, si ferma al 2014. Dopo saranno necessarie ulteriori manovre. «Misure per colmare il gap residuo», dice il ministero dell’Economia. E non si tratta di bruscolini. Lo scenario peggiore, senza Imu, prevede una correzione aggiuntiva di ben 60 miliardi dal 2015 al 2017. Se l’Imu verrà mantenuta i miliardi necessari saranno «solo» 20.

I numeri sono tutti nel Def. Il documento calcola infatti le manovre necessarie per condurre l’indebitamento tendenziale dal 2,5% all’1,5% nel 2015, dal 2,1% allo 0,9% nel 2016 e dall’1,8% allo 0,4% nel 2017, qualora non venisse confermata l’Imu, che è stimata in 7 decimi di punto nel 2015 (11,7 miliardi), 8 nel 2016 e 2017 (13-14 miliardi). Cifre a cui bisogna aggiungere le correzioni, ed ecco che viene il bello, che sarebbero comunque indispensabili per tornare agli obiettivi anche se restasse la patrimoniale sulla casa in vigore ora. Ovvero 3 miliardi nel 2015 (0,2 punti di pil), 7 miliardi nel 2016 (0,4%) e 10-11 (0,6%) nel 2017. E il conto potrebbe essere anche più salato considerato che qualche pagina più avanti si legge che «l’entità della flessione del gettito Imu prevista a partire dal 2015 ammonta a circa 12,2 miliardi». Il tutto senza calcolare che il Fiscal compact ci impone di ridurre il debito di un ventesimo l’anno a partire dal 2015. Comunque vada, insomma, sarà un massacro.

E le sorprese non sono finite. In barba al muso duro fatto ieri da Monti contro l’Europa («In questo momento l’Italia non sta contagiando nessuno», ha detto il Prof dal G8 di Londra replicando agli allarmi lanciati dal Commissario Olli Rehn), il Def prevede anche scenari B sulla crescita. I tecnici del Tesoro ipotizzano infatti che il pil possa calare quest’anno non dell’1,3% ma dell’1,8%. E che la ripresa nel 2014 possa essere non dell’1,3% ma di uno scarno 0,8%. Un quadro catastrofico: «Il commercio internazionale registrerebbe una dinamica non favorevole e si verificherebbero tensioni sul mercato dei titoli del debito sovrano; il prezzo del petrolio e delle materie prima subirebbe un aumento e l’euro risulterebbe deprezzato; l'indebolimento della domanda interna ed estera causerebbe una crescita più moderata e il mercato del lavoro resterebbe debole».
Sul fisco c’è poco da sperare: si attesterà quest’anno al 44,4% del Pil e la curva resterà sopra al 44% fino al 2015, per scendere poi al 43,8% nel 2017. Appena 0,6 punti percentuali in meno rispetto al record attuale in 5 anni.

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