sabato 6 aprile 2013

Anche al netto degli interessi sul debito la spesa dello Stato è più alta

Tante tasse, niente tagli. Al netto delle polemiche e della propaganda è questa l’eredità del governo tecnico certificata ieri dall’Istat. A prima vista la missione di Mario Monti sembra perfettamente riuscita. Nel 2012 il rapporto tra indebitamento netto e Pil è stato pari al 2,9%, in miglioramento di 0,8 punti percentuali rispetto a quello del 2011.

 Mentre nel quarto trimestre dell’anno scorso l’indebitamento si è attestato all’1,4%, risultando inferiore di 1,2 punti percentuali rispetto a quello del corrispondente trimestre del 2011. Bene anche il saldo primario, che sempre in termini di incidenza sul pil è stato pari al 2,5%, in miglioramento di 1,3 punti percentuali rispetto al 2011. Nel quarto trimestre 2012 l’avanzo è risultato positivo e pari a 17,9 miliardi, con un’incidenza sul pil del 4,4%, superiore di 1,6 punti percentuali rispetto a quella registrata nel quarto trimestre del 2011. Il saldo corrente nel quarto trimestre 2012 è stato di 8.177 milioni di euro (-3.234 milioni nel corrispondente trimestre dell’anno precedente), con un'incidenza positiva sul pil del 2,0%.

Messa così il professore della Bocconi potrebbe essere tranquillamente messo un piedistallo. Meno deficit e più avanzo primario, al netto de3gli interessi sul debito: è quello che chiedeva l’Europa per chiudere la procedura d’infrazione. A ben guardare, però, l’opera del presidente del Consiglio non sembra così straordinaria. Per mesi e mesi ci hanno raccontato la storia che il Prof ha dovuto fare i conti con gli effetti devastanti dell’innalzamento dello spread provocato dalle dissennatezze del precedente governo. Ammettiamo che l’aumento del debito dal 120% al 126% e il balzo degli interessi sul debito da 78 a circa 86 miliardi siano il frutto dell’effetto Berlusconi. E depuriamo i conti dalla relativa componente. Complessivamente, si legge nel rapporto dell’Istat, le uscite totali dello Stato sono salite dal 49,9% del pil del 2011 al 50,6% del 2012.

Colpa dello spread? Non proprio. La spesa al netto degli interessi sul debito è infatti aumentata anch’essa, passando dal 45 al 45,2%. Poca cosa, ma dov’è finita la tanto sbandierata spending review? Cosa ne è stato delle sforbiciate dei supercommissari chiamati da Monti per fare piazza pulita di sprechi, sperperi e costi della burocrazia? Resta da capire, a fronte di un leggero aumento della spesa pubblica, dove il Professore abbia trovato le risorse per migliorare l’avanzo primario, che è passato dall’1,2% (un risultato positivo ottenuto dal precedente governo dopo diversi anni di pessime performance) al 2,5% del pil e per abbassare, seppure di poco, il deficit. La risposta si trova alla prima colonna della tabella fornita dall’Istat, quella relativa alle entrate totali. È qui, e solo qui, che Monti ha fatto la differenza. Gli incassi dello Stato, sostanzialmente le tasse, sono infatti aumentati dal 46,2% del pil del 2011 al 47,7% del 2012. Ben 1,5 punti percentuali in più. Di qui l’aumento oltre il consentito della pressione fiscale, che è passata dal 42,6 al 44% del pil in soli 12 mesi. In barba ai progetti di risanamento e di riforma dello Stato, l’attività del governo tecnico è stata insomma principalmente quella di fare cassa sfilando soldi dalle tasche degli italiani.
E il giochino non è affatto finito. In un mare di dati che precipitano e vanno picco, dalla produzione industriale ai consumi, dall’occupazione ai fatturati delle imprese, gli unici numeri col segno più restano quelli delle entrate anche quest’anno.

Gli incassi erariali registrati nel periodo gennaio-febbraio 2013 ammontano a 61,3 miliardi con un incremento dello 0,5% (+285 milioni) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le imposte dirette, rende noto il Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia, fanno registrare un aumento complessivo del 6,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Mentre l’Irpef presenta una variazione positiva dell’1,7% che riflette da una parte gli incrementi delle ritenute sui redditi dei dipendenti del settore pubblico (+3,0%), del settore privato (+1,3%) e dei versamenti in autoliquidazione (+34,0%) e dall’altra le flessioni delle ritenute sui redditi dei lavoratori autonomi (-7,8%). Tutt’altra la musica sul fronte del fisco d’impresa e delle imposte indirette. L’Ires presenta un gettito di 832 milioni euro, con una flessione dell’11,1%, e male va anche l’Iva, con una dominuzione del 9,4%. Segno evidente del cattivo andamento dell’economia reale. Tra le altre imposte dirette le Finanze segnalano un incremento dell’imposta sostitutiva su ritenute, interessi e altri redditi di capitale pari a +63,5% (+575 milioni di euro). Il risultato deriva principalmente dall’aumento (+112 milioni, pari a +34,4%) delle ritenute su interessi e premi corrisposti da istituti di credito e dell’imposta sostitutiva su interessi e premi di obbligazioni e titoli similari che ha fatto registrare maggiori entrate per 330 milioni di euro (+100,3%).

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