venerdì 15 marzo 2013

Solo ora Monti chiede meno rigore

Dopo un anno di austerity imposta agli italiani Mario Monti si è presentato ieri al suo ultimo vertice europeo (che proseguirà anche oggi) per chiedere misure per la crescita. Una battaglia che oltre ad essere paradossale sembra anche destinata ad ottenere risultati poco più che marginali, considerato che lo schieramento inetrnazionale in campo a difesa della flessibilità è lo stesso che qualche settimana fa ha duellato, perdendo, sul bilancio europeo.

Il tentativo del premier uscente  (chiesto a gran voce anche dai vertici del Ppe con cui il Prof si è incontrato prima del summit) è quello di portare a casa una sostanziale apertura nei confronti della cosiddetta golden rule, ovvero la possibilità di scorporare dal conteggio del deficit gli investimenti pubblici produttivi. Una sfida che potrebbe rivelarsi di basso profilo, se l’Europa, come sembra per ora, si limiterà ad autorizzare le possibilità già offerte dalle norme di bilancio esistenti. Puntano più in alto altri Paesi, come la Francia, la Spagna e il Portogallo, che vogliono maggiore flessibilità sui piani di rientro dei conti pubblici per non strangolare le rispettive economie nazionali che già segnano pesantemente il passo. Ma il risultato sarà probabilmente l’ennesima frattura con il fronte rigorista guidato dalla Germania, che ha già mostrato di non essere intenzionata ad ascoltare le ragioni di chi chiede maggiore flessibilità. Tra i più intransigenti alleati di Berlino spicca la Finalandia, che non vorrebbe arretrare di un millimetro neanche sulla golden rule. «Non sono d'accordo», ha spiegato il primo ministro Jyrki Katainen, perché «è troppo difficile stabilire quali sono gli investimenti per il futuro che sono fuori da questo calcolo».

L’ex presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker è convinto che si debba «trovare una nuova intersezione tra le politiche di crescita e quelle di consolidamento», altrimenti «corriamo il rischio di una ribellione sociale». Ma i margini di manovra sono molto stretti. Il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, parla di una strategia europea a quattro gambe, che devono muoversi tutte di pari passo, ma poi avverte che «la stabilità finanziaria è una precondizione, senza la quale sarebbe difficile generare lavoro e crescita».
Quanto all’Italia, Juncker è moderatamente ottimista: «Non credo avrà presto bisogno di un piano di salvataggio». Mentre Van Rompuy è convinto che alla fine «il buon senso prevarrà» e che se l’Italia «se l’Italia continua nella direzione di questi ultimi mesi, ha tutte le chance per ritornare al suo legittimo posto nella zona euro». In serie B, verrebbe da dire.

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