Cinquantasei miliardi di investimenti da qui al 2016, obiettivi di crescita della produzione ritoccati verso l’alto e una politica più generosa dei dividendi. La crisi europea non frena la corsa dell’Eni, che continua a macinare profitti e risultati. Il cda ha approvato ieri il bilancio consolidato con un utile netto a quota 7.788 milioni (4.198 milioni escludendo il contributo ed i proventi della dismissione Snam considerati tra le discontinued operations). L’utile netto di esercizio ammonta a 9.078 milioni (6.207 milioni esclusi dividendi e plusvalenze relativi a Snam).
Tutto in crescita il piano strategico 2013-2016 presentato a Londra agli analisti. Gli investimenti crescono di 1,6 miliardi (a quota 56,8) rispetto al periodo del piano precedente, il target di crescita della produzione viene spostato dal 3 al 4% annuo. Stesso discorso per le cedole. Il dividendo per il 2012 è fissato a 1,08 euro per azione, mentre la stima per il 2013 è di 1,10 euro, in rialzo del 2%. La nuova politica del dividendo del gruppo, ha spiegato l’ad Paolo Scaroni, «non sarà più legato all’inflazione Ocse, ma verrà deciso anno per anno in base alla crescita, ai profitti e al cash flow». Quanto al buyback, l’Eni non esclude la possibilità di proseguire il programma a vantaggio degli azionisti anche nel 2013, ma solo nel caso in cui i prezzi del petrolio saranno superiori a quelli del piano e se ci saranno «buoni progressi» nell’attività di quest’anno.
Dietro l’accelerazione del Cane a sei zampe c’è anche l’uscita di Snam dal perimetro del gruppo. «Siamo», ha detto Scaroni, che non ha escluso un nuovo mandato, «in una nuova fase, in una nuova Eni, con un nuovo debito». Ma il piano ruota principalmente intorno alla capacità della società di generare un flusso di cassa impressionante, che si aggira sui 20 miliardi di euro l’anno. Gran parte di queste risorse arrivano dall’attività di estrazione e produzione. E qui, ieri, l’Eni ha messo a segno un colpo da 4,2 miliardi di dollari cedendo ai cinesi di Cnpc il 28,57% delle azioni di Eni East Africa, cui fa capo il 70% della partecipazione Area 4 nell’offshore del Mozambico. Si tratta del giacimento al largo delle coste africane, dove l’Eni alla fine del 2011 ha fatto una delle più grandi scoperte della sua storia, mettendo le mani su un potenziale complessivo di 52 trilioni di metri cubi di gas. Oltre al 50% del Cane a sei zampe e all’attuale 20% di Cnpc, le altre quote sono detenute dalla compagnia locale Empresa Nacional de Hidrocarbonetos de Mocambique (10%), dalla coreana Kogas (10%) e dalla portoghese Galp (10%).
ABuone notizie anche per A2a. La multiutility lombarda torna in utile per 260 milioni nel 2012 dopo il rosso di 423 milioni registrato lo scorso anno. I ricavi sono saliti del 5,7% a 6.480 milioni e verrà distribuito un dividendo di 0,26 euro per azione, il doppio dell’anno precedente.
© Libero