Le autorità italiane e internazionali ci stanno provando da tempo. Qualche settimana fa Parlamento e Consiglio europeo hanno finalizzato il pacchetto legislativo che introdurrà nuovi limiti alle remunerazioni dei banchieri. L’accordo prevede che i bonus non possano superare il doppio dello stipendio. In Italia il tetto non c’è, ma poco più di un mese fa il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha auspicato con forza una regolamentazione che impedisca ai manager che non portano a casa risultati soddisfacenti di mettersi in tasca palate di quattrini. Principi che dovranno essere messi in pratica.
Nel frattempo, i banchieri continuano a macinare stipendi come se la crisi non esistesse. Nel 2011, malgrado una perdita complessiva di 26 miliardi, le principali banche italiane hanno erogato emolumenti ai vertici per 134 miliardi. La musica non è affatto cambiata nel 2012. Alcune banche, è vero, hanno ritrovato l’utile. In particolare Intesa, Unicredit e Ubi. Ma è difficile sostenere che, anche per loro, le cose siano andate così bene. Basta guardare il livello di sofferenze, che nel 2012, calcolando anche incagli, prestiti ristrutturati e scaduti, hanno raggiunto quota 198 miliardi, in aumento del 15% rispetto ai 172 del 2011. E qui le big non scappano. Sono 80,4 i miliardi di mancati rientri per Unicredit, 27,2 quelli in capo a Intesa, 17 quelli di Mps e 15,8 quelli del Banco popolare. Situazione che gli istituti di credito hanno in parte compensato con mega rettifiche sui crediti.
Una pratica che per l’esercizio chiuso il 31 dicembre è costata 20 miliardi, il 50% in più del 2011.
A fronte di questi dati, le cifre mirabolanti che risultano dai bilanci 2012 alla voce emolumenti fanno una certa impressione. Tra tutti spiccano, ovviamente, gli stipendi degli ex manager di Mps. Clamorosa la buonuscita di Antonio Vigni, l’ex direttore generale della banca senese che ha lasciato l’incarico il 12 gennaio del 2012 con un’indennità di 4 milioni di euro in tasca, che si è andata ad aggiungere agli 1,4 milioni di stipendio percepito nel 2011. Niente liquidazione, per fortuna, per Giuseppe Mussari, che ha comunque lasciato la presidenza con il suo stipendio di oltre 700mila euro. Ma nella lista dei compensi milionari dello scorso anno spunta anche il nome dell’ex chief financial officer del Monte, Marco Morelli (poi diventato nel marzo 2010 direttore generale vicario di Intesa Sanpaolo fino a luglio del 2012 e ora responsabile in Italia di Merrill Lynch). Per il 2012 il banchiere ha ricevuto da Intesa 3,5 milioni, di cui 2,8 milioni come indennità di fine rapporto.
Sostanziosi, per quanto non paragonabili, pure gli emolumenti del cda di Mps, che ha chiuso il bilancio con perdite, in parte dovute anche alle svalutazioni, per 3,17 miliardi. Più di 400mila euro l’anno per il vicepresidente vicario Ernesto Rabizzi. Un po' meno, 145mila euro, per il vicepresidente Francesco Gaetano Caltagirone. Al consigliere Alfredo Monaci, fratello del presidente del consiglio regionale (Pd) Alberto Monaci, grazie agli svariati emolumenti nelle controllate del gruppo oltre che per la sedia nel cda, è spettato un compenso annuo di 263mila euro. Più di 240mila euro anche per il professor Di Tanno, presidente del collegio dei sindaci di Mps.
Tra gli altri ex manager che non hanno lasciato situazioni troppo floride dietro le spalle si distingue anche l'ex direttore generale di Fonsai Piergiorgio Peluso (ora chief financial officer di Telecom), figlio del ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri, che è uscito lo scorso settembre dalla compagnia assicurativa con 5 milioni, comprensivi di una buonuscita di 3,8 milioni.
In cima alla classifica dei compensi ci sono, ovviamente, i vertici delle big. L’ad di Intesa, Enrico Cucchiani, ha portato a casa 3 milioni tondi. Poco sotto, a 2,5 milioni circa, ci sono Renato Pagliaro e Alberto Nagel, rispettivamente presidente e ad di Mediobanca. A quota 1,5 milioni troviamo Victor Massiah, consigliere delegato di Ubi banca. Si è fermato poco sopra il milione, invece, l’inossidabile Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa. Così come Andrea Beltratti, che presiede il consiglio di gestione. Chiude la lista parziale, con 650mila euro, Emilio Zanetti, presidente del consiglio di gestione di Ubi.
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