Solo due giorni fa diceva pubblicamente in Parlamento che «il governo non vede l’ora di essere sollevato dall’incarico». Frase arrivata solo qualche ora dopo un Consiglio dei ministri in cui il governo aveva messo tutta la sua determinazione nell’evitare con cura ulteriori grattacapi rinviando senza colpo ferire questioni delicate e importanti come la Tares, la golden share e la rimozione del relitto della Costa Concordia al prossimo esecutivo.
Sono bastate poche parole di Giorgio Napolitano per cambiare di colpo il clima. Abbiamo la «concreta certezza rappresentata dall’operatività di un governo», il governo Monti «tuttora in carica e non sfiduciato in Parlamento», ha detto il capo dello Stato annunciando il tentativo di costituire un governo di scopo attraverso l’istituzione di due gruppi di saggi per mettere a punto il programma. Frasi che hanno immediatamente ringalluzzito il premier dimissionario. Anche perché Napolitano non si è limitato a prendere atto di una situazione ovvia, ovvero di un governo ancora in carica come prevede la Costituzione, ma ha anche lasciato intendere che i compiti che ancora aspettano l’esecutivo vanno bene al di là dell’ordinaria amministrazione, che è il perimetro formale della sua azione. È un governo, quello guidato da Mario Monti, che «ha annunciato e sta per adottare provvedimenti urgenti per l’economia d’intesa con le istituzioni europee e l’essenziale contributo del nuovo Parlamento attraverso i lavori della commissione speciale presieduta da Giorgetti». E poco importa che due dei tre provvedimenti all’esame della commissione, ovvero il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione alle imprese e lo schema di decreto del ministero del Lavoro sull’accesso alla pensione per gli esodati (il terzo è lo schema di decreto del presidente della Repubblica sull'8 per mille), siano atti arrivati fuori tempo massimo per riparare gli errori dello stesso governo tecnico.
Bene la scelta di nominare due commissioni di saggi per verificare la possibilità di elaborare un programma per un futuro esecutivo e piena disponibilità a proseguire nell’attività di governo, rispondendo a quelle che sono e saranno le esigenze del Paese. È questa la versione che il volpone Professor Monti fa trapelare ufficiosamente dalle stanze di Palazzo Chigi.
D’altra parte, come spiega il costituzionalista Enzo Cheli, la «soluzione inedita nella storia Repubblicana messa in campo dal presidente della Repubblica» ha tra gli effetti collaterali quello di rilegittimare l’esecutivo Monti, trasformato in «governo di scopo» che può spingersi «oltre l’ordinaria amministrazione». Senza, oltretutto, ed ecco l’inghippo ben sottolineato dalle parole di Napolitano, alcuna necessità di chiedere la fiducia. Come spiega il giurista, esperto molto apprezzato dal Colle, il governo Monti non ha bisogno formalmente di alcun passaggio parlamentare «perché è solo dimissionario e la fiducia non la ha mai persa». Resta da capire una cosa: ma per tenersi Monti c’era bisogno di mettere in piedi tutta questa baraonda?
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