Quasi sette milioni di italiani in difficoltà economica. Colpa della crisi e di una recessione che non si arresta. Con il pil calato del 2,4% nel 2012 e una flessione già acquisita per il 2013 dell’1%. I dati sulla congiuntura dell’Istat si intrecciano con quelli del primo rapporto sul Benessere equo e sostenibile, firmato sempre dall’Istat e dal Cnel: il potere d’acquisto delle famiglie è calato del 5% fra il 2007 e il 2011; quasi un giovane su quattro non studia e non lavora. E se il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, continua a ripetere che «la seconda metà del 2013 sarà in positivo», il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, teme invece gli effetti dell’instabilità politica: «Il superamento dell’incertezza è un elemento chiave per la ripresa».
Ogni valutazione non può comunque prescindere dall’impietoso scenario tracciato dai numeri. Il Pil nel 2012 è calato del 2,4% e il quarto trimestre ha chiuso con un -0,9% rispetto al trimestre precedente e -2,8% sul 2011. Un calo, questo, corretto rispetto alla stima del 14 febbraio, che indicava -2,7%. Pesante l’effetto sull’anno in corso, con il calo già acquisito per il 2013 dell’1%.
Nessun problema per Grilli. Il -2,4% «era già nei nostri dati. Sappiamo che è una congiuntura difficile. Mi sembra che tutti convergano sul fatto che la seconda metà del 2013 sarà in positivo. È chiaro che bisogna attendere per vedere con che forza si riuscirà ad invertire la tendenza», ha detto il ministro dell’Economia. In realtà, finora tutte le stime relative al 2013 prevedono ulteriori contrazioni dei consumi e della produzione industriale, che difficilmente potranno portare il Paese fuori dalla recessione.
L’unico timido raggio di sole è arrivato ieri dall’Ocse, che a gennaio ha registrato un sperindice (indicatore di previsione sull’andamento dell’economia) in moderata crescita per l’Europa e stabile per l’Italia, dopo mesi di continui cali. Il che, secondo l’organismo internazionale, potrebbe significare che non dovrebbero esserci ulteriori peggioramenti.
Ottimismo poco condiviso da Giovannini, secondo cui, invece, a rinviare la ripresa ci si è messa ora anche la situazione politica. Lo abbiamo già visto nel 2011, ha spiegato, «quando di fronte alla crisi dello spread e il crollo della fiducia, l’incertezza ha fatto crollare le spese di investimento e di consumo». E i danni sono stati messi nero su bianco nel rapporto Istat-Cnel. In Italia, tra il 2010 e il 2011, l’indicatore della grave deprivazione è salito dal 6,9% all’11,1%, ciò significa che 6,7 milioni di persone sono in difficoltà economiche, con un rialzo di 2,5 milioni in un anno. A pesare sull’economia familiare è soprattutto la contrazione del reddito disponibile. In Italia il potere d’acquisto è crollato del 5% tra il 2007 e il 2011. Mentre la quota di persone che hanno ricevuto aiuti in denaro o in natura da parenti, amici, istituzioni o altri è passata dal 15,3% del 2010 al 18,8% del 2011. E nei primi nove mesi del 2012 le famiglie indebitate, dopo due anni di stabilità, sono balzate dal 2,3% al 6,5%.
Merito anche del fisco che nel 2012, stando ai dati diffusi ieri dal ministero dell’Economia, ha totalizzato 423,9 miliardi, in crescita del 2,8%. Si tratterebbe di 11,7 miliardi in più, che non coincidono però con i 21 miliardi di balzelli aggiuntivi, sempre secondo i dati ufficiali, sfilati nello stesso periodo dalle tasche degli italiani tra Imu, Iva, accise e patrimoniali. In altre parole, la recessione (l’Iva è scesa dell’1,9% e l’Irpef degli autonomi del 4,5%) e la spesa pubblica si sono mangiati una decina di miliardi. E continueranno a farlo, considerato che l’Iva anche a gennaio è in picchiata del 5% a fronte del -1,3% delle entrate complessive.
Di fronte a un quadro così negativo non stupisce che la minaccia di Fitch non abbia spaventato i mercati più di quanto non lo fossero già. Il taglio del rating giunto venerdì sera non ha provocato quella tempesta che qualcuno temeva. I Btp sono scesi, ma lo spread ha retto il colpo chiudendo a 312, solo 2 punti sopra la seduta di venerdì. Le Borse, però, hanno accusato il colpo, con Madrid (-0,85%) e Milano (-0,69%) peggiori fra i maggiori listini. Tra oggi e domani, comunque, quando andranno in asta 15 miliardi tra Bot e Btp, la reazione degli investitori si potrà verificare con mano.
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