sabato 21 gennaio 2012

Liberalizzazioni col trucco. Le tariffe non scendono

Sui taxi deciderà l’authority, sullo scorporo della rete ferroviaria (Rfi) dalle Fs pure. Sulle nuove procedure di calcolo per abbassare i costi delle bollette collegando i prezzi ai valori di mercato dell’energia idem. Sulle tariffe professionali che tanto hanno fatto e fanno discutere, parola del ministro della Giustizia, Paola Severino, l’abrogazione era già stata disposta dai decreti Bersani e da successive norme varate dall’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. I farmaci di fascia C resteranno in farmacia. Sulle polizze vita collegate ai mutui, pratica considerata scorretta dall’Isvap e dalla stessa manovra salva Italia, il decreto prevede che la banca ti debba far vedere anche un prodotto di un’assicurazione concorrente, ma non interviene a spezzare il meccanismo perverso della polizza (non obbligatoria per legge) imposta di fatto dall’istituto di credito in abbinamento ai prestiti per la casa.

Le grandi liberalizzazioni promesse, insomma, si sono assai ridimensionate. Al punto che neanche uno dei grandi sponsor del governo come Pierluigi Bersani se l’è sentita di esultare più di tanto. «Abbiamo visto seppure sommariamente le norme sulle liberalizzazioni», ha detto il segretario del Pd. Ci sarà «consentito dire che su diverse materie si può fare di più e meglio e con maggiore immediatezza».
La sensazione, dunque, al termine di un Consiglio dei ministri durato circa otto ore è che sui piatti forti non siano arrivate grandi decisioni, tranne forse la questione dello scorporo della rete del gas dall’Eni. Il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, ha infatti ribadito che la separazione si farà. Resta da capire come. Secondo l’ex ad di Intesa il provvedimento riguarderà l’intera holding Snam, e non solo Snam rete gas. Questo significa che saranno tolte all’Eni, non solo la proprietà della rete di trasmissione del gas, ma anche dei depositi di stoccaggio e dei rigassificatori, asset che non ci sarebbe motivo di togliere al Cane a sei zampe e che comunque non comporterebbero grandi vantaggi concorrenziali, ma solo un danno economico ed industriale al gruppo.

Su molti aspetti bisognerà aspettare e verificare. Gran parte delle misure rimandano infatti a successivi decreti attuativi, se non a successive determinazioni degli organismi di controllo. Ma è chiaro, come abbiamo già spiegato ieri, che non basterà abolire qualche tariffa o aumentare il numero dei benzinai e delle farmacie per ottenere benefici in termini di costi per i consumatori finali, come il governo continua a voler far credere. A questo proposito è interessante leggere i dati emersi da uno studio della Cgia di Mestre che smorza un po’ gli entusiasmi sulle liberalizzazioni.
Secondo l’associazione veneta degli artigiani il caso emblematico è quello della Gran Bretagna, Paese unanimemente considerato un campione di libertà economiche a livello europeo, sia per il settore del gas, sia per quello dell’energia elettrica. Nonostante questo, gli incrementi di prezzo registrati negli ultimi sei anni non hanno avuto eguali in tutto il Vecchio continente.
Nel caso del gas la variazione è stata del 98,4%, quella dell’elettricità del 65%. In Italia, Paese in questi giorni oggetto dell’azione liberalizzatrice del governo dei tecnici, l’aumento negli anni corrispondenti è stato rispettivamente del 24,8% e del 20,3%.

Ma l’effetto paradossale delle liberalizzazioni si è verificato anche in altri settori e in altri Paesi. In quello dei servizi finanziari, ad esempio, la Svizzera è regina della deregolamentazione. Eppure i costi dei conti correnti, dei bancomat e delle commissioni bancarie sono cresciuti dell’11,8% rispetto al 5,9% dell’Italia e ad una media europea del 6,7%. E l’esempio è di grande attualità se si pensa che il governo è dovuto intervenire con un atto di dirigismo legislativo per abbassare le tariffe in questo settore.
Le liberalizzazioni non funzionano? Sarebbe assurdo e illogico affermarlo. E lo studio della Cgia va, ovviamente, preso con le pinze e condito con la consapevolezza che le dinamiche dei prezzi non sempre coincidono con i valori assoluti (in Inghilterra le tariffe sono generalmente più basse delle nostre). Ma bisogna però considerare che i fattori che determinano i costi per i consumatori sono molteplici (a partire da quello fiscale), così come esistono monopoli naturali dove la concorrenza perfetta non esisterà mai. Il problema è che per liberalizzare veramente l’economia in Italia bisognerebbe privatizzare. In altre parole ridurre il peso dello Stato nei molti, troppi settori in cui è ancora presente. L’effetto collaterale sarebbe stato di incassare risorse per abbattere il debito pubblico. Altro che taxi.

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