mercoledì 18 gennaio 2012

Anche i francesi bocciano l'Italia. Debito pubblico in mano a Draghi

La credibilità non ci manca davvero. Anche Fitch ieri ha elogiato il nuovo cammino dell’Italia sotto la guida dei professori. Ma anche Fitch, come S&P, ha spiegato che non basta e che se lo spread sui titoli italiani non diminuisce entro gennaio, un bel downgrade non ce lo toglie nessuno. La sensazione è che malgrado tutto il rispetto e la stima che gli vengono riconosciuti, Mario Monti in questa fase possa fare ben poco.

Il problema, ha spiegato davanti alla commissione Bilancio della Camera il responsabile italiano dell’agenzia di rating, Alessandro Settepani, è «il costo del rifinanziamento». E la manovra lacrime e sangue? Le liberalizzazioni? «Utili, serie e credibili», ha detto il manager, «ma fino a quando i tassi resteranno alti» la situazione non cambia. A fare due conti ci ha pensato Bankitalia, che nel consueto bollettino economico, ha messo nero su bianco due scenari: uno con lo spread a 500 punti e uno con lo spread a 300 punti. Ebbene, se nel secondo caso il Paese ha qualche possibilità di ripresa, con un pil in calo dell’1,2% quest’anno, ma a +0,8% nel 2013, nell’ipotesi di rendimenti sui Btp come quelli attuali il pil piomberebbe a -1,5% nel 2012 per poi fermarsi a zero l’anno successivo.

Se questo è il quadro, visti gli andamenti degli spread negli ultimi mesi, è chiaro che il destino del Paese non si deciderà a Palazzo Chigi, ma a Francoforte. L’unico che sembra in grado di domare i mercati è, infatti, Mario Draghi, con i suoi acquisti di titoli di Stato. A svelare il ruolo che sta giocando l’ex governatore di Bankitalia è stata ieri Maria Cannata, che al ministero dell’Economia è responsabile della gestione del debito pubblico. Durante un’audizione in commissione Bilancio, il direttore generale ha spiegato che la Bce negli ultimi mesi ha comprato un quantitativo cospicuo di debito italiano. Di sicuro «sopra i 100 miliardi», ma anche, si è sbilanciata, «vicino ai 200». Una cifra enorme (basti pensare che lo stock complessivo di titoli pubblici in mano alla Banca europea è di 217 miliardi) che spiega gran parte delle oscillazioni al ribasso dello spread Btp-Bund. Compreso il calo di ieri a 471 punti, che, insieme al buon esito dell’asta spagnola, ha tenuto in piedi Piazza Affari (+0,69%) e tutte le principali Borse europee, malgrado il declassamento del fondo salva-Stati da parte di S&P, i downgrade a pioggia di Generali, Unipol, Cdp, Poste, Eni e le minacce di Fitch sul rating italiano.

La Cannata ha assicurato che la preoccupazione sulla sostenibilità del nostro debito è «eccessiva», poi però ha tratteggiato uno scenario da cardiopalma. Il direttore generale ha infatti confermato la strategia del Tesoro di accorciare la scadenza del debito in attesa che passi la bufera. Si tratta, in soldoni, di aumentare le emissioni a breve termine (bot e titoli flessibili), che non hanno grandi problemi ad essere collocate a tassi ragionevoli, e diminuire quelle di Btp da cinque anni in su, i cui rendimenti restano proibitivi. Il giochino, però, non potrà durare più di tanto per non sbilanciare troppo la durata media del debito (ora sui 7 anni). E i tempi sembrano assai stretti. La Cannata sostiene che l’obiettivo è quello di «tenere duro per tre mesi» per «far vedere che siamo in grado di resistere». E se la bufera in tre mesi non passa?
È in quest’ottica che vanno lette le indiscrezioni che parlano di un filo diretto Monti-Draghi per la gestione della crisi. Senza il sostegno della Bce, infatti, sarà difficile che l’Italia riesca a tenere, come dice la Cannata, considerati i 450 miliardi di emissioni programmate per quest’anno. A Francoforte, del resto, stanno già studiano misure aggiuntive a quelle già previste sui titoli di Stato, sulle aste di liquidità e sui tassi di interesse. Sullo sfondo c’è sempre il modello Fed e Banca d’Inghilterra: stampare denaro per puntellare i debiti sovrani. Ipotesi che fa infuriare la Germania, ma che rischia sempre più di diventare l’unica alternativa percorribile.

© Libero