sabato 14 gennaio 2012

Adesso la sinistra attacca il rating

«Comportamenti perversi». La raffica di downgrade scagliati da S&P contro Francia, Austria, Spagna e Italia ha subito scatenato il fuoco di fila, Fabrizio Cicchitto in testa, del Pdl. Ma la vera notizia sono i commenti del Pd, che fino a qualche mese fa riteneva i declassamenti autorevoli e indiscutibili bocciature dell’azione del governo Berlusconi. Ora che il Cav non è più a Palazzo Chigi i sacri giudici del rating sono diventati improvvisamente spregiudicati corsari. «Ormai è come i dieci piccoli indiani», commenta irriverente Pierluigi Bersani, per dire, parafrasando Agatha Christie, che tutti prima o poi vengono colpiti. Ancora più esplicito il responsabile economico del Pd, Francesco Boccia, che definisce l’intervento di S&P sul debito italiano e di altri Paesi europei «una vera e propria scorribanda nei già fragili mercati» ed invoca «un’agenzia di valutazione europea», perché «queste intrusioni non si devono più sopportare».
Identica, anche se più antica, la posizione del centrodestra, i cui commenti vanno dalla «perversione» denunciata dal capogruppo Cicchitto al «vero e proprio attacco speculativo» denunciato dall’onorevole Beatrice Lorenzin. Per Rocco Girlanda, primo firmatario di un progetto di legge per l’istituzione di una commissione di inchiesta sulle agenzie di rating, si tratta della «prosecuzione di un disegno destabilizzante». Questa volta i downgrade non piacciono nemmeno alla Germania, unico Paese uscito indenne dalle bastonate di S&P. La pioggia di declassamenti rischia infatti di mandare all’aria anche il fondo salvastati (che assorbe i rating dei Paesi membri), unica alternativa ad un maggiore interventismo della Bce che risulterebbe sgradito a Berlino. Di qui le parole del ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, che invita a «non sopravvalutare le agenzie di rating».

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