mercoledì 25 gennaio 2012

La protesta dei Tir ci costa mezzo miliardo

Le associazioni di categoria e dei consumatori stanno ancora facendo i calcoli. Ma facendo una media delle prime stime l’entità dei danni provocati dalla protesta degli autotrasportatori contro il caro gasolio potrebbe superare complessivamente i 500 milioni al giorno. Fabbriche, supermercati, agricoltori, benzinai: quando il camion tira il freno l’impatto è più devastante di uno sciopero generale. Basti pensare che l’86% dei trasporti commerciali italiani avviene su strada.

I primi a farne le spese sono i produttori agricoli. Secondo Coldiretti il blocco dei tir farà finire nella spazzatura, tra latte, fiori, frutta e verdura, una quantità di prodotti alimentari deperibili che si aggira sui 50 milioni di euro al giorno. Si tratta del 10% per cento delle circa 525 mila tonnellate che viaggiano quotidianamente sulle strade italiane.
Da qui l’effetto si dirama in due direzioni. Una si chiama speculazione e porta direttamente nelle tasche dei consumatori. Il rialzo dei prezzi è stato immediato e vertiginoso. Ieri nei mercati della capitale un chilo di zucchine si vendeva fino a 7 euro, circa il doppio rispetto ad una settimana fa. Nella media i rincari vanno dal 30 al 40%. La fase successiva saranno gli scaffali e i banchi dei mercati vuoti. Secondo i rivenditori in questi giorni sta arrivando solo il 30% dei prodotti, se la protesta continua potrebbe non arrivare più nulla. La Confcommercio non ha molti dubbi: «L’interruzione di forniture importanti per le imprese, e la mancata distribuzione di prodotti di largo e generale consumo alimentare, possa impedire alle famiglie di poter fare la spesa regolarmente già dalle prossime ore». Ancora più catastrofico il quadro dipinto dai panificatori italiani (Unipan): «Stiamo facendo scorte di nafta e grano per poter garantire la produzione e distribuzione del pane nei prossimi due-tre giorni, dopodiché se non arriveranno rifornimenti e farina ci sarà lo stop totale».

Il secondo effetto della paralisi agroalimentare riguarda la grande e media distribuzione. Univendita, l’associazione di categoria che riunisce le più importanti aziende italiane operanti nel campo della vendita diretta a domicilio, parla di un impatto sul proprio fatturato di circa 3 milioni di euro al giorno rispetto ad un volume di merci che il settore muove ogni giorno che non supera i 9 milioni di euro. Da qui a venerdì stime non ufficiali della gdo parlano di mancati incassi dei supermercati per oltre 1,5 miliardi, per i benzinai (le prime chiusure si segnalano nel Lazio, in Campania, in Basilicata e in Toscana) la perdita di fatturato potrebbe essere di qualche centinaio di milioni di euro.
Enorme, infine, anche il danno per l’industria. Per avere un’idea di quello che sta provocando la protesta basti pensare che ieri tutti gli impianti Fiat in Italia (Melfi, Pomigliano, Cassino, Sevel e Mirafiori), sono stati costretti a fermare le macchine per mancanza di componenti per l’assemblaggio. Il blocco, con tutta probabilità, proseguirà anche oggi. Al Lingotto si sono fatti due conti: la scherzetto dei Tir è già costato al gruppo 4.200 automobili in meno. Se consideriamo che il prezzo medio a cui la Fiat vende una vettura si aggira sui 10mila euro, è chiaro che si parla di danni per diverse decine di milioni di euro al giorno.


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