All’Agenzia delle Entrate non ci stanno a liquidare il blitz degli ispettori a Cortina come un’operazione mediatica. «Noi non partiamo mai con l’intenzione di sollevare alcun polverone», dice a Radio 24 il direttore dell’Accertamento, Luigi Magistro, «abbiamo una strategia che si muove costantemente alla ricerca delle situazioni di evasione nei vari comparti. Abbiamo fatto molti altri di interventi di questo genere». E, aggiunge, «ce ne dobbiamo aspettare ulteriori, la stagione invernale è ancora lunga».
Eppure Attilio Befera non sembra avere troppi problemi ad occupare la scena con frasi ad effetto. Dopo il comunicato stile Cgia di Mestre (con tutto il rispetto per i dati e gli studi solitamente preziosi forniti dall’associazione di artigiani) ieri il direttore dell’Agenzia dell’Entrate ha ribadito in un’intervista a Piazzapulita su La7 la storiella dell’effetto positivo (smentito da commercianti, albergatori e sindaco) degli ispettori sugli affari di Cortina. «I ristoranti hanno aumentato i loro ricavi del 300% rispetto all’anno precedente», ha spiegato, aggiungendo di «non aver danneggiato il turismo», ma anzi «di aver favorito gli esercizi commerciali». E per non scontentare gli spettatori il funzionario pubblico (che in questi giorni di tensioni sulle filiali di Equitalia forse dovrebbe misurare le parole) si è anche prodotto in un attacco all’ex premier che probabilmente covava da tempo. Il conduttore gli chiede un commento alla famosa frase (che non ha, però, mai prodotto alcun risultato tangibile) di Silvio Berlusconi “se uno Stato mi chiede il 50% di quello che guadagno mi sento moralmente autorizzato ad evadere”. E lui: «Non siamo in un mondo civile. A scuola una volta si insegnava educazione civica, si insegnava il senso dello Stato, della solidarietà, il senso di far parte di una comunità che si chiama Italia».
Della comunità italiana fa parte anche il sindaco di Cortina, che però è infuriato con Befera non tanto per l’operazione, quanto per le notizie diffuse dall’Agenzia. «Ho personalmente incontrato diversi imprenditori che hanno subito il controllo», spiega Andrea Franceschi, «e mi hanno fatto vedere che i loro incassi sono stati perfettamente in linea con quelli del 30 dicembre 2010 e anzi per alcuni negozi si sono registrate anche perdite del 20%-30%». Queste informazioni, tuona il sindaco, «nel comunicato dell’agenzia delle entrate e nelle dichiarazioni di Befera sono state volutamente nascoste per giustificare un’azione da stato di polizia: pertanto chiediamo una vera operazione di trasparenza e verità che faccia emergere il quadro complessivo dell’indagine e non solo un singolo caso eclatante». Anche gli albergatori contestano la superficialità delle informazioni. Tanto più, spiega Gherardo Manaigo, presidente dell’associazione di categoria locale, che «gli accertamenti sono ancora in corso». Il problema, dice, è che «al momento sono solo stati estrapolati dei dati da scoop e lanciati facendo di tutta l’erba un fascio». Molte perplessità sull’operazione arrivano anche dal presidente di Confturismo Veneto, Marco Michielli, secondo il quale «nei Paesi normali se si vuole colpire il presunto evasore possessore di auto di lusso, si incrociano gli archivi del Pra con le dichiarazioni dei redditi». In altre parole, «senza importunare i cittadini né mobilitare decine di funzionari che nel tempo necessario a verificare a casaccio pochi casi, con l’ausilio dell’elettronica ne scoverebbero migliaia».
Già, cos’è meglio, andare sul campo o restare al computer? I commercialisti non hanno dubbi: «Meglio i controlli a tappeto che gli strumenti statistici e presuntivi di massa». Al netto di qualche eccesso di spettacolarizzazione, spiega il presidente del consiglio nazionale Claudio Siciliotti, «la via è preferibile rispetto a meccanismi automatici che pretendono di invertire l’onere della prova per non soccombere all’erario». Se questa è l’alternativa, in effetti, è una bella lotta.
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