giovedì 13 gennaio 2011

Si tengono 20 miliardi l’anno di tasse, ma le regioni “speciali” sono in rosso

Per avere un’idea di come funzionano i bilanci delle Regioni a Statuto speciale bisogna partire dal dato fiscale. E, soprattutto, dal fatto che per Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta il federalismo c’è già da tempo.

Le cinque Regioni incamerano infatti da decenni quote di tassazione proveniente dal territorio che va dal 70 al 100%. Per intenderci, mentre l’Irpef, l’Irpeg e l’Iva di un cittadino di Milano, di Roma o di Napoli finiscono nelle casse dello Stato, che poi ritrasferisce le risorse alla periferia, le imposte di chi vive ad Aosta, a Palermo o a Cagliari restano sostanzialmente lì. I meccanismo si traduce in entrate tributarie per abitante nelle Regioni speciali che arrivano sopra i 3.500 euro (la cifra complessiva si aggira su un gettito di 20 miliardi l’anno) contro i 1.800 euro circa delle altre.  In più, come le altre, le cinque Regioni si beccano comunque trasferimenti statali per settori centralizzati come la scuola, le infrastrutture ecc. ecc. Complessivamente le entrate totali pro capite ammontano a 5.400 euro contro i 3.800 delle Regioni normali.

Il tutto, sebbene bisogna considerare che nelle Regioni a Statuto ordinario alcune funzioni sono svolte direttamente da apparati finanziati dallo Stato centrale, dovrebbe portare ad un rapporto tra entrate ed uscite assolutamente virtuoso. Così non è. Basta guardare il parametro principale su cui si valuta l’economia di una Regione e cioè il residuo fiscale. Si tratta del calcolo complessivo tra le entrate (fisco e trasferimenti) e le uscite, ovvero la spesa per i servizi offerti ai cittadini e il mantenimento della macchina amministrativa. Ebbene, quasi tutte le Regioni a Statuto speciale (tranne Friuli e Trentino che sono sostanzialmente in pareggio) hanno un saldo pro capite negativo, con picchi di circa 2mila euro per Sicilia e Sardegna. Il che significa che ogni abitante prende dallo Stato molto più (o tutto) di quello che paga. Un fenomeno abbastanza diffuso al  Sud, ma del tutto sconosciuto al Centro Nord, dove i cittadini versano nelle casse pubbliche fino a 6mila euro (è il caso della Lombardia) in più rispetto a quello che ricevono in termini di servizi.
Non solo. Tutte e cinque le Regioni, qualunque sia il residuo fiscale, hanno i conti in rosso. Friuli e Trentino hanno un deficit pro capite intorno ai 2mila euro, le altre viaggiano sui 4mila con la Valle d’Aosta che raggiunge quota 5mila.

Come è possibile? La spiegazione è complessa, ma non troppo. Basta vedere, ad esempio, quello che accade con la spesa per il personale dipendente della Regione. Le cifre sono impressionanti. La Sardegna spende 243 milioni, la Sicilia un milardo e 700 milioni, il Friuli 193 milioni, il Trentino un miliardo e 700 milioni, la Valle d’Aosta 269 milioni. Per capire meglio bisogna rapportare i numeri agli abitanti. Il costo procapite l’anno diventa 148 euro per la Sardegna, 349 per la Sicilia, 161 per il Friuli, 1.775 per il Trentino e addirittura 2.207 per la Valle d’Aosta. Il termine di paragone è la media degli stessi costi per le Regioni a Statuto Ordinario, che si attesta a 49 euro.
Il dato può sembrare ininfluente. Ma bisognerebbe dirlo al Parlamento, che considera il rapporto tra spesa per dipendenti ed abitanti uno dei criteri su cui valutare la virtuosità delle Regioni per stabilire chi dovrà farsi carico maggiormente dei tagli previsti dalla manovra anti-crisi.

Che le Regioni a Statuto speciale siano delle macchine mangia soldi, insomma, sembra difficilmente discutibile. Questo non significa chiaramente che in tutte e cinque si viva nella stessa maniera. In altre parole, quanto si spende non coincide con come si spende. E qui la musica che suona nelle Regioni a Statuto speciale è la stessa che possiamo ascoltare in tutto lo Stivale, dove la spaccatura tra Nord e Sud è praticamente incolmabile. Il pil pro capite di Friuli, Trentino e Valle d’Aosta è di 30mila euro, quello di Sardegna e Sicilia di 17mila. Il tasso di occupazione nelle tre del Nord è del 65%, nelle due del Sud è del 45. Stesso discorso per il tasso medio di spreco, per quello che riguarda giustizia, sanità e scuola. In Friuli, Trentino e Valle d’Aosta è sotto il 15%, in Sardegna e Sicilia è sopra il 50%. Può sembrare incredibile, ma nel Mezzogiorno riescono pure a sciupare i privilegi.

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