martedì 18 gennaio 2011

La Porsche va in Cina a fare la nuova Cajun

Niente referendum, psicodrammi nazionali, barricate ideologiche. Nel Paese dove nel 2005 il potentissimo sindacato Ig Metall accettò di aumentare l’orario di lavoro a parità di salario per traghettare la Volkswagen fuori dalla crisi, delocalizzare non è un crimine. Ci sta pensando la Porche, che per realizzare l’obiettivo di vendita di circa 200mila vetture l’anno potrebbe spostare parte della produzione in Cina.

La casa sportiva tedesca, stando ad alcune indiscrezioni non smentite, avrebbe intenzione di replicare all’estero lo stabilimento tedesco di Zuffenhausen, vicino a Stoccarda. La prima Porsche ad essere costruita all’estero sarebbe, secondo la stessa fonte, la Suv compatta Cajun, che troverebbe la sua culla nella fabbrica cinese di Changchun, la stessa in cui Volkswagen costruisce la Audi Q5.
Tra i modelli candidati a sbarcare nel Paese del Drago ci sono anche alcune varianti della Panamera, mentre accanto alla produzione c’è anche l’ipotesi di un allargamento della rete di vendita che verrà ampliata da 35 concessionari a 85, fino ad arrivare a 100 nel giro dei prossimi 3-4 anni.
La notizia, a dire il vero, non è proprio un fulmine a ciel sereno. Già un paio di anni fa i vertici della Porsche avevano dichiarato che la Cina sarebbe diventata il mercato più importante per il proprio bilancio, a discapito della Germania. Un passaggio di ruoli tra i due Paesi che sarebbe avvenuto nel giro di due-tre anni principalmente sulla base del successo in Asia della Panamera da 260mila dollari. Vettura che non ha caso ha debuttato nel maggio del 2009 proprio al salone di Shanghai. Gli ultimi dati sulle vendite del gruppo dimostrano che la Cina è effettivamente diventato il primo mercato di sbocco per la casa automobilistica tedesca. Nei primi sette mesi del 2010 Porsche ha venduto oltre 11mila vetture solo nel paese della Grande Muraglia, pari al 47% in più rispetto al corrispondente periodo nel 2009. Complessivamente le consegne di auto Porsche sono aumentate del 8% pari a poco più di 81mila unità.
La scelta di delocalizzare la produzione non è ovviamente nuova per il marchio tedesco. La nuova Cayenne, ad esempio, sarà costruita nello stabilimento slovacco di Bratislava, dove vengono già prodotti i suv Audi Q7 e Volkswagen Touareg. D’altra parte Porche è anche molto attenta al fronte interno. L’estate scorsa a fronte di una maggiore flessibilità da parte dei dipendenti, Porsche ha assicurato la piena occupazione per i prossimi 5 anni e ha garantito investimenti per centinaia di milioni negli impianti tedeschi di Zuffenhausen e Weissach.
I rapporti con i sindacati, insomma, sono più che buoni. Le vere perplessità sulla linea di produzione cinese riguardano piuttosto l’immagine del marchio. Non a caso l’ad Matthias Mueller ha voluto rassicurare il mercato spiegando che costruire «in Cina o in Nord America significa solo rompere un tabù», non abbassare la qualità. «Finché», ha aggiunto, «le nostre auto sono equipaggiate con tecnologia Porsche non ci saranno problemi».

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