Doveva essere la prova di forza. La rivincita dopo la sconfitta di Mirafiori. E invece, l’iniziativa della Fiom è stata la solita kermesse, con studenti e centri sociali a fare numero e, soprattutto, chiasso e i politici (da Sinistra Ecologia e Libertà alla Federazione della Sinistra, dall’Idv ai Verdi fino ad alcuni esponenti del Pd) ad elemosinare un po’ di consenso.
Trionfalistico, chiaramente, il giudizio delle tute blu della Cgil, che parlano di adesioni dei lavoratori di oltre il 50%, con punte dell’80%. Altri numeri sono quelli che arrivano dalla Fiat, secondo cui la media di partecipazione si è attestata al 15%. Più generosa Federmeccanica, che parla di un 18%. Mentre i colleghi della Cisl non esitano a parlare di un vero e proprio flop, con uno scarso 10% di lavoratori che ha deciso di seguire la protesta della Fiom. Non solo, secondo i metalmeccanici della Fim nei cortei che hanno sfilato nelle piazze c’era «tanta politica, pochi lavoratori, niente sindacato».
Lo sciopero è stato articolato con 18 manifestazioni regionali e quattro provinciali (in Emilia-Romagna l’iniziativa di lotta si è svolta giovedì). Un grande ed ambizioso progetto scaduto poi, come spesso accade, ad ordinaria guerriglia urbana. Tafferugli e tensioni si sono registrate a Milano e Genova. Nel capoluogo lombardo, un centinaio di giovani antagonisti, staccatosi dalla manifestazione della Fiom in piazza del Duomo, si è scontrato con la polizia schierata a presidio della sede di Assolombarda. Momenti di tensione ci sono stati anche davanti alla sede di Confindustria a Genova, dove alcune centinaia di studenti e di giovani dei centri sociali hanno scagliato razzi, fumogeni, pietre e bottiglie di vetro all’indirizzo di polizia e carabinieri. Poi hanno rovesciato i cassonetti dell’immondizia, dandogli fuoco, davanti alla stazione Brignole di Genova. Durante il corteo sono state anche imbrattate le vetrine di alcune banche. Mentre ad Ancona è stato bloccato l’accesso al porto e a Cassino sono state occupate due stazioni ferroviarie. A Torino c’è stato un blitz in un’agenzia interinale. Ad Arcore, infine, dove hanno manifestato i Cub, è stato fatto il tiro a bersaglio con freccette ed uova contro sagome di Berlusconi, Marchionne e Marcegaglia.
Al centro della mobilitazione della Fiom, non tanto la scelta della Fiat di stringere accordi separati negli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano, ma soprattutto l’intenzione del Lingotto di applicare la stessa formula a tutte le fabbriche del gruppo e quella di Federmeccanica di superare una volta per tutte il contratto nazionale dando maggiore spazio agli accordi aziendali come già avviene in tutto l’Occidente industrializzato.
Il percorso di lotta è quello che la Fiom indica da mesi, raccogliendo lo scetticismo della stessa Cgil. «Ora», ha detto il segretario generale, Maurizio Landini, «serve uno sciopero generale. Federmeccanica e Confindustria devono sapere che se fanno quello che fa la Fiat succede un conflitto che non ha precedenti nel nostro Paese». Landini ha negato attriti con Susanna Camusso e ha annunciato che la prossima settimana proporrà all’assemblea dei delegati di aprire una consultazione straordinaria in tutte le fabbriche per decidere le iniziative da portare avanti. Il segretario della Cgil, che si trova ad Auschwitz, non ha commentato, ma altri esponenti del sindacato rosso, come Vincenzo Scudiere, fanno capire l’aria che tira: «Sbagliato usare la piazza per chiedere lo sciopero generale».
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