mercoledì 5 gennaio 2011

I Btp fanno gola, ma affamano l’Italia

Per quanto possa sembrare bizzarro, per Giulio Tremonti il 2011 è già iniziato. L’Australia e i fusi orari non c’entrano. Si tratta di meccanismi contabili che poco hanno a che fare con i fuochi d’artificio e lo spumante, ma che ci dicono più di qualsiasi oroscopo cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi dodici mesi.

I presagi arrivano dalle due aste di titoli pubblici che si sono tenute ieri e mercoledì. Emissioni realizzate nel 2010, ma con valuta 2011. A tutti gli effetti, dunque, sono stati i primi due esami dell’anno nuovo sul debito pubblico. I voti, va detto subito, sono tutt’altro che incoraggianti. Mercoledì il Tesoro ha collocato 8,5 miliardi di Bot a 6 mesi e 3,5 miliardi di Ctz con scadenza 2012. Un ammontare importante, soprattutto se si considera la tempistica infelice con molti operatori in ferie e una bassa domanda da parte di fondi pensione e d’investimento. Malgrado questo, la domanda ha retto. Per i Bot le richieste sono state più alte di 1,5 volte e per i Ctz di 1,1. Per piazzare i titoli, però, i tecnici di Tremonti hanno dovuto offrire incentivi sostanziosi, che hanno fatto schizzare i rendimenti ai massimi degli ultimi due anni. I tassi d’interesse dei Bot sono saliti dall’1,48 dell’ultima asta all’1,69%. stesso discorso per i Ctz, balzati al 2,93% rispetto al precedente 2,3%. 

Lo spumante è rimasto in frigo anche con l’asta di ieri. Un appuntamento ancor più delicato, visto che il Tesoro ha messo sul piatto anche il famoso Btp decennale, il titolo che rispecchia più di ogni altro l’affidabilità del Paese e con cui viene solitamente misurata la distanza rispetto al Bund tedesco. Anche in questo caso il ministero dell’Economia non ha avuto difficoltà a trovare acquirenti. Nonostante il mercato poco liquido del periodo festivo la domanda è stata buona. Il prezzo da pagare è stato però ancora una volta un rialzo dei rendimenti verso livelli che qualche pessimista inizia a definire un po’ a rischio. Per i 3 miliardi di Btp decennali il tasso di remunerazione medio per gli investitori è salito dal 4,43 al 4,8%. Per i 3 miliardi di Btp con scadenza 2013 l’interesse è stato del 3,25% contro il 2,86% dell’ultima asta. E una crescita sostanziosa è stata registrata anche dai rendimenti degli 836 milioni di Ccteu e degli 1,2 miliardi di Ccteu con scadenza 2017.

La maggior parte degli analisti continua a sostenere che il fenomeno sia dovuto non ad una scarsa fiducia verso la tenuta del sistema Italia, ma alle forti tensioni ancora in corso sui Paesi periferici di Eurolandia, come Grecia, Spagna, Irlanda e Portogallo. Qualunque sia la ragione, il risultato cambia poco. Dopo l’asta lo spread tra i Btp decennali e il bund tedesco è salito fino a 190 punti, appena venti punti sotto il record negativo toccato lo scorso 30 novembre. Il differenziale di rendimento, che misura in sostanza la credibilità del Paese agli occhi degli investitori, resta ben al di sotto di quello di Spagna (251), Grecia (953), Portogallo (364) e Irlanda (631). L’Italia, insomma, come hanno più volte ribadito negli ultimi mesi i principali esponenti di Bruxelles e della Bce, sembra assolutamente fuori da qualsiasi pericolo di contagio. Questo non toglie che il 2011 si preannuncia come un anno in cui rifinanziare il debito pubblico sarà più caro. E considerate le dimensioni del nostro stock, la circostanza non è affatto indolore.

Per avere un’idea, basti pensare che in base a quanto previsto nella Decisione di finanza pubblica (la vecchia finanziaria), l’Italia pagherà solo di interessi sul debito 72 miliardi nel 2010, 75 nel 2011 e addirittura 80 nel 2012. Per essere ancora più precisi, la quota complessiva di emissioni a medio e lungo termine previste per il 2011 ammonterebbe a 240 miliardi. E’ facile intuire l’entità del terremoto che potrebbero provocare solo pochi punti percentuali di interessi in più per rifinanziare l’indebitamento.
Dai cattivi presagi del capodanno tremontiano non si uscirà solo con la sacrosanta insistenza del ministro sui tagli lineari per la Pa, sull’austerity per i ministeri. Checché ne dica Tremonti tenere i conti a posto potrebbe non bastare più. Tra i buoni propositi per l’anno nuovo il responsabile dell’Economia dovrebbe prendere in considerazione l’idea di aggredire una volta per tutte la montagna del debito pubblico. Un debito la cui dinamica è stata migliore di quella di altri Paesi e il cui peso è in parte compensato da quello, basso, delle famiglie e delle imprese, come ama ripetere Tremonti. Ma se la zavorra inizia a trascinarci verso il basso, risalire sarà molto complicato. Auguri.

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