Non sarà stato tutto merito suo. Ma di certo il contributo di Antonio Patuelli nella battaglia che ha spinto la Vigilanza Bce a fare marcia indietro sul famoso addendum sugli Npl che avrebbe messo in ginocchio le banche italiane, è stato tutt’altro che irrilevante. Basti pensare al serrato lavoro diplomatico con cui il presidente dell’Abi è riuscito a portare al fianco del nostro Paese non solo la potente associazione bancaria francese, ma anche la federazione europea del credito, che in passato non si era mai mostrata troppo sensibile ai problemi degli istituti nostrani.
È dovuto anche a questa vittoria internazionale, oltre che all’attenta e calibrata gestione del periodo più nero per il sistema bancario nazionale, il grande consenso che si è creato intorno alla possibilità di confermare Patuelli per la terza volta alla guida dell’associazione. Una decisione che è arrivata ieri per acclamazione nel corso del comitato esecutivo dell’Abi. Sbarcato a Palazzo Altieri nel 2013, sostenuto dalle piccole banche, per sostituire in corsa Giuseppe Mussari, travolto dalle vicende di Mps, l’ex parlamentare del Partito liberale italiano oggi presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna adesso può contare sull’appoggio praticamente di tutti.
A proporre il suo rinnovo per il biennio 2018-2020, che comporterà anche una modifica dello statuto (attualmente non si può superare il secondo mandato), sono stati due big del credito come il presidente di Intesa, Carlo Messina, e quello di Bnl, Luigi Abete. Ma la nomina è stata votata all’unanimità. «La decisione che abbiamo assunto per generale acclamazione, premia un impegno civile prima ancora che a favore della funzione che le banche svolgono a favore dei territori di insediamento», ha detto il presidente di Assopopolari, Corrado Sforza Fogliani. E la conferma piace anche ai sindacati. «Con la sua presidenza», ha detto il segretario generale Fisac Cgil, Agostino Megale, «abbiamo gestito le relazioni industriali nelle fase di crisi più acuta per una parte del settore». Mentre il segretario della Fabi, Lando Sileoni, ha parlato di «un giusto e meritato riconoscimento alla persona e al professionista», ricordando che è stato il primo ad invocare «la pubblicazione delle aziende insolventi negli istituti colpiti dagli scandali bancari» e a chiedere «che i responsabili delle mala gestioni rispondessero di fronte alla legge.»
Persino le imprese, quelle da anni a secco di liquidità, hanno applaudito il terzo mandato. «I suoi primi cinque anni sono stati più che apprezzabili», ha detto il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, auspicando che ora si possa costruire «un nuovo e più fruttuoso dialogo tra banche e piccole e medie imprese».
Quanto a Patuelli, dopo aver sottolineato il ruolo e l’impegno delle banche sane nella gestione della crisi, il neopresidente per la terza volta ha subito ripuntato i riflettori sulla Ue, chiedendo che il nuovo governo sia più presente in Europa, dove nel 2019 si eleggerà il nuovo Parlamento Ue, la nuova commissione e, soprattutto, i nuovi vertici della Bce. Dall’attuale Vigilanza europa, ha infine precisato, «mi aspetto dialogo, costruttività e razionalità».
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