venerdì 26 gennaio 2018

Un terzo degli incidenti dovuto a scarsa manutenzione

Il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, assicura che «gli investimenti, in sicurezza, messi a disposizione da Rfi e dal governo, sono aumentati del 340% in questi 3 anni». Ammesso che sia vero, cosa difficile da dimostrare perché i dati disaggregati sulle spese in sicurezza non sono disponibili, resta anche da capire quanti di questi quattrini siano stati destinati alla rete ferroviaria regionale e quanti sulla moderna e redditizia rete ad alta velocità.

Su entrambi i fronti i Contratti di programma stipulati tra il gestore dell’infrastruttura Rfi e il governo non risultano molto incoraggianti. L’ultimo aggiornamento della parte Investimenti è dello scorso agosto. In quell’occasione, come si legge sul sito del ministero delle Infrastrutture, sono stati messi a disposizione oltre 13 miliardi di euro. Di questi solo 2 sono destinati agli «interventi inerenti la Sicurezza e l’adeguamento ad obblighi di legge». Guardando nel dettaglio, si parla del «proseguimento di interventi necessari a contenere i rischi nelle gallerie, nelle zone sismiche e in quelle soggette a dissesto idrogeologico», oltre ad «interventi per la salvaguardia dell’ambiente e la mitigazione del rumore, e per la soppressione dei passaggi a livello». Impossibile sapere quanti di questi soldi finiscano all’Alta velocità e quanti al trasporto regionale. La manutenzione, poi, non è neanche citata. La voce compare, però, nel Contratto di programma, per la parte che riguarda i Servizi. Per gli interventi sono previsti circa un miliardo l’anno, di cui circa 100 per la rete ad alta velocità. In altre parole il 10%. La rete utilizzata da Italo e Frecce, però, rappresenta appena il 6% del totale. Secondo i dati diffusi dalla stessa Rfi su una lunghezza complessiva dei binari di 23mila chilometri la linea Av è lunga 1.467 chilometri.

Sulla spesa degli investimenti in manutenzione è ancora Delrio a venirci in soccorso. Questa volta, però, il ministro non si assume la responsabilità diretta dell’affermazione, limitandosi a spiegare che «loro (i vertici delle aziende ferroviarie, ndr) hanno confermato che la spesa per gli investimenti di manutenzione è aumentata del 70% negli ultimi 3 anni». In realtà gli anni sarebbero cinque. Secondo una nota stampa della stessa Rfi, «gli investimenti destinati alla manutenzione, negli ultimi anni, hanno registrato un incremento dal miliardo del 2012 agli 1,7 miliardi del 2017».
Tante o poche che siano queste risorse, non sembrano aver sortito effetti particolarmente benefici. Nell’ultimo rapporto dell’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria (Ansf) si legge infatti che «le problematiche manutentive lato veicoli e lato infrastruttura, seppure in diminuzione in valore assoluto rispetto all’anno precedente sono alla base di almeno il 26& del totale degli incidenti e dei cosiddetti precursori. Quindi quasi un terzo degli eventi totali».

Dalle verifiche effettuate dall’Agenzia sul processo manutentivo, attraverso audit, ispezioni, analisi dell’incidentalità e formazione del personale è inoltre emersa la necessità che gli operatori ferroviari «effettuino un controllo e un monitoraggio dei processi di manutenzione, sia svolti internamente che forniti da soggetti esterni, con particolare riferimento alla tracciabilità delle operazioni di sicurezza, alla definizione e controllo delle competenze del personale coinvolto nelle varie fasi del processo, ai rapporti fra gestione della flotta ed esercizio, alla gestione dei rischi correlati a tali attività».
Sul problema dei servizi dati in appalto, una pratica molto in uso negli ultimi anni nell’ambito dei piani di contenimento dei costi, l’Agenzia, in una relazione al Parlamento, ha anche «rilevato che permangono criticità nel rapporto delle imprese con i soggetti responsabili della manutenzione, la cui attivazione non avviene sempre tempestivamente. Analogo problema si è rilevato nello scambio delle necessarie informazioni per l’adeguamento dei piani manutentivi da parte delle imprese». Come se non bastasse, le società ferroviarie sarebbero anche poco attente a sfruttare gli incidenti come una lezione per il futuro. Secondo l’Ansf, i cui esperti, vale la pena ricordarlo, sono in gran parte ex funzionari della divisione sicurezza della Rete ferroviaria italiana, gli operatori dovrebbero «superare le persistenti difficoltà ad analizzare compiutamente gli incidenti e a garantire che lo stato dei luoghi e dei mezzi non sia modificato prima di effettuare i rilievi; tali fattori riducono la possibilità di indagare tempestivamente ed efficacemente le problematiche verificatesi, adottando da subito i necessari provvedimenti migliorativi».

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