mercoledì 24 gennaio 2018

Le manovre del Pd per fermare l'aliquota unica

A Bruxelles si discute della futura governance del Vecchio continente, del superministro economico, del nuovo Fondo monetario europeo, della blindatura del fiscal compact nel diritto comunitario. Riforme che, manco a dirlo, finiranno per inguaiare un altro po’ l’Italia e su cui Francia e Germania si stanno già muovendo da tempo con drappelli di economisti ed esperti che sfornano proposte congiunte. C’è addirittura chi sostiene che, malgrado la scadenza del mandato sia fissata per ottobre 2019, nei corridoi dell’euroburocrazia sia già nel vivo la partita per la successione di Mario Draghi alla Bce, sui cui Berlino avrebbe pronta la candidatura forte del presidente della Bundesbank, Hans Weidmann.

Di fronte a tanta carne al fuoco e a tanti dossier delicati per il destino dell’Italia, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non ha trovato di meglio che utilizzare l’Ecofin per fare un po’ di campagna elettorale, come fosse un candidato qualunque, passato lì a Bruxelles per caso. Il primo bersaglio è la flat tax lanciata dal Cavaliere. «Vorrei capire un pò meglio», ha detto Padoan, a margine del vertice dei ministri finanziari della Ue, «qual è la proposta che il presidente Berlusconi ha fatto, io non la conosco, ma noto da economista che quando si propone un taglio delle tasse si deve anche dire come si finanzia il taglio, in modo tale che questa tassa sia tagliata veramente e non si debba reintrodurla dopo qualche anno perché c’è un buco di bilancio». L’idea, ha tagliato corto il titolare uscente di Via XX Settembre, «fa parte delle proposte che chiamo bacchette magiche o fatine blu, perché sono miracolose, spesso divertenti da ascoltare». Quanto al modello russo, «non è replicabile, perché l’economia di Mosca è totalmente dipendente dal prezzo del petrolio». Non è tutto. Oltre ad essere velleitario e fiabesco, il taglio massiccio delle imposte promesso dal leader di Forza Italia, rischia anche di essere in contrasto con la Carta fondamentale: «Se la flat tax sia costituzionale non ci ho pensato, ma la progressività prevista e una cosa molto debole e molto limitata».

Ma il vero colpo basso è quello che arriva dopo, quando il ministro dell’Economia, ormai completamente calato nelle vesti di candidato del Pd nel collegio di Siena, abbandona le posizioni personali e si fa portavoce di un sentimento, a suo dire, diffuso all’interno dell’Ecofin. In vista delle elezioni, ha spiegato Padoan, tra i ministri delle Finanze Ue «c’è implicitamente o esplicitamente preoccupazione di una interruzione verso la stabilità e la crescita» realizzato negli ultimi anni.
Sarà un caso ma nelle stesse ore, dal Forum economico mondiale di Davos, anche il segretario dell’Ocse, Angel Gurrìa, definito spesso da Padoan il suo «ex capo» di quando era capo economista dell’organizzazione internazionale, si è lanciato in una imbarazzante campagna elettorale a favore del Pd. «Non abbiamo favoriti», ha premesso, «ma quello che è chiaro è che abbiamo bisogno di un governo che continui il percorso di un cambiamento strutturale». Per far capire meglio il concetto Gurrìa ha poi aggiunto che il giudizio sulla politica del governo Gentiloni è «eccellente» e che il suo auspicio è quello che «le prospettive siano all’insegna della continuità». Una continuità che deve riguardare soprattutto il jobs act, che è stata «una scommessa azzeccata che ha creato quasi un milione di posti di lavoro e che nessuno, da Berlusconi in poi, aveva avuto i voti per approvare».
Le entrate a gamba tesa nella sfida elettorale, arrivate all’indomani della trasferta di Berlusconi a Bruxelles, con l’abbraccio del Ppe e gli apprezzamenti di Jean Claude Juncker, hanno, ovviamente, fatto infuriare Forza Italia. Padoan, ha tuonato il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, «fa campagna elettorale anche in Europa, immerso in un incredibile conflitto di interessi». E mentre il ministro dell’Economia «gioca a fare il candidato», prosegue l’economista in una nota congiunta con il capogruppo al Senato, Paolo Romani, «Francia e Germania decidono del futuro dell’Europa, Italia compresa».

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