La corsa a tappe forzate del governo per tentare di far arrivare l’aumento in tasca agli oltre 3 milioni di statali prima del voto prosegue. Ieri, dopo i 270mila ministeriali, all’elenco si sono aggiunti anche i 450mila lavoratori del comparto sicurezza e difesa. Un settore che raramente, negli anni scorsi, ha ricevuto le attenzioni di Palazzo Chigi. «Sono nove anni che non si faceva un contratto. Questo è un risultato importante», ha festeggiato la ministra della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, tralasciando di ricordare che è stata la Corte costituzionale, con una sentenza che ha ormai più di due anni, a costringere il governo a rimettersi al tavolo della trattativa. Gli aumenti saranno di 125 euro circa per le forze armate, 136 per la guardia di finanza, 134 per i carabinieri, 132 per la polizia, 126 polizia penitenziaria. Questo si aggiungerà agli arretrati annuali, circa 556 euro per i corpi di polizia, 516 per le forze armate. Siccome il contratto è stato firmato nel 2016, sono due gli anni da recuperare con l’una tantum che arriverà non appena partiranno gli scatti.
La cuccagna pre elettorale, però, non è ancora finita. Il governo vorrebbe arrivare alle urne senza aver lasciato nessuno a bocca asciutta. «Il lavoro per il contratto dei vigili del fuoco è in dirittura d’arrivo», ha spiegato il ministro dell’Interno, Marco Minniti, mentre la Madia ha assicurato che «all’Aran stiamo andando avanti con i tre comparti che mancano, conoscenza, sanità ed enti locali».
La fretta, però, rischia di non far bene alle trattative. «Questa notte, per quanto ci riguarda, si è spenta la luce sulle forze di polizia e sulle forze armate», si legge in una nota del Sap, il sindacato autonomo degli agenti. Il governo «ha forzato i tempi» sulla firma del contratto, «sapendo che tutti i sindacati sono obbligati a siglare pena l’esclusione dagli altri tavoli contrattuali o di confronto per almeno 5 anni, perdendo così anche la possibilità di difendere i propri iscritti». Nubi all’orizzonte pure su scuola e sanità. «Dopo otto anni di attesa e di progressiva perdita del potere di acquisto, il confronto fin qui svolto al tavolo dell’agenzia Aran è stato oltre modo deludente. In queste condizioni non è minimamente ipotizzabile la firma dei contratti», ha tuonato Angelo Raffaele Margiotta, segretario generale della Confsal, presente nei settori scuola e sanità con Snals e Fials. Viste le difficoltà di procedere, il sindacalista chiede ora «un confronto diretto con il premier Paolo Gentiloni». Il quale, però, ha ben altre cose a cui pensare. Ormai entrato in piena campagna elettorale, il presidente del Consiglio ieri ha promesso nuovi soldi al Sud. «Non ci sono mai state condizioni più favorevoli di oggi per investire nel Mezzogiorno d’Italia. Questo è il momento per investire», ha detto il premier intervenendo alla presentazione dell’Innovation Hub di Cisco a Napoli.
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