martedì 9 gennaio 2018

Tangenti Finmeccanica, innocenti tutti i capi

Una commessa da 556 milioni andata in fumo, la Lega trascinata nel fango per una mazzetta mai presa, lo Stato maggiore dell’aeronautica indiana coinvolto in una storia di corruzione internazionale con ripercussioni sulla vicenda dei marò, la reputazione di Finmeccanica (che non a caso oggi si chiama Leonardo) gettata in pasto ai giornali di mezzo mondo, Giuseppe Orsi defenestrato dall’azienda e tenuto in carcere per 84 giorni. L’elenco dei danni diretti e collaterali provocati dall’inchiesta nata da una «soffiata» dell’ex dirigente del gruppo Lorenzo Borgogni nella primavera del 2011 negli uffici napoletani dei pm Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli è incredibilmente lungo per una vicenda di cui «non vi è prova sufficiente che i fatti sussistano».

Già, perché dopo quasi sette anni è questo il verdetto della magistratura sulla presunta tangente milionaria (nessuno ha mai quantificato con esattezza l’entità della dazione) versata nel 2005 dall’ex ad di Finmeccanica, Orsi, e dall’ex ad della controllata Agusta Westland, Bruno Spagnolini, al capo di Stato maggiore dell’Indian Air Force, Sashi Tyagi, per «oliare» un maxi ordine per la fornitura di 12 elicotteri Aw 101, gioielli scelti anche dalla Casa Bianca.
I due imputati erano stati condannati in primo grado dalla procura di Busto Arsizio, dove il processo è stato trasferito per competenza nel 2012, solo per l’ipotesi di frode fiscale. Il pm Eugenio Fusco, con un passato nel pool di Mani pulite, ce l’aveva messa tutta, piazzando Orsi al centro di un groviglio di intrighi e veleni, condito da faccendieri, politici e trame oscure. Alla fine, però, l’accusa dei soldi alla Lega si è sgretolata (chiesta l’archiviazione) mentre quella di corruzione internazionale non ha convinto i giudici. Uscito il pm Fusco, rientrato a Milano, i pm di Busto Arsizio sono però tornati alla carica, ottenendo nell’aprile 2016 una condanna a 4 anni e 6 mesi per Orsi e a 4 anni per Spagnolini per false fatturazioni e corruzione internazionale.

Ma la vicenda giudiziaria è tutt’altro che chiusa. Solo qualche mese dopo, a dicembre, la Cassazione decide che è tutto da rifare. Parte così il processo d’appello bis, che si è concluso ieri, con l’assoluzione piena da tutte le imputazioni, sia quella relativa al falso in bilancio sia quella relativa alla corruzione internazionale. Una sentenza che lascia a bocca asciutta anche l’India, che da un paio di anni si è messa ad indagare, e, attraverso il Ministero della Difesa di Nuova Delhi, aveva chiesto come parte civile il risarcimento del danno.
Risarcimento che forse andava chiesto non agli ex imputati, ma alla magistratura. E che oggi dovrebbe forse pretendere anche l’Italia, considerati i danni operativi e d’immagine subiti dal colosso nazionale dell’aerospazio e della difesa da troppi anni nel mirino delle toghe. Da quando Pier Francesco Guarguaglini è uscito nel 2011, anche lui azzoppato da un’inchiesta giudiziaria poi finita con l’archiviazione, il gruppo è stato costretto a riguadagnarsi sul campo la fiducia persa a livello internazionale. Una missione difficile, che ha eroso margini di fatturato e assottigliato il portafoglio degli ordini. Al punto da rendere necessario, nel 2015, con l’arrivo di Mauro Moretti, un completo restyling sia nell’organizzazione societaria sia nel nome. Come è finita l’operazione di rilancio lo sappiamo tutti. L’ex ad delle Fs, che era riuscito a far rialzare la testa al colosso italiano, ha dovuto rinunciare al rinnovo a causa della condanna a 7 anni per la strage di Viareggio. Una vicenda avvenuta nel 2009, quando Moretti non era più ad di Rfi (ruolo per cui è stato incriminato) da almeno 3 anni.

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