Truffa, bufala, fake news? Sono bastati due giorni di applicazione e l’obbligo del sacchetto ecologico al banco dell’ortofrutta ha scatenato il primo polverone del 2018. In realtà, la beffa della sporta a pagamento nei supermercati risale al 2011. Da allora, grazie ad una solerte applicazione di una direttiva Ue, gli italiani hanno dovuto dire addio alle vecchie, gratuite e resistenti buste di plastica. Al loro posto sono arrivati i sacchetti biodegradabili, rigorosamente a pagamento e di carta velina. Buoni forse per l’ambiente, ma di sicuro non per contenere cibi più pesanti di una confezione di tovaglioli. Così, chi non vuole rincorrere per la strada barattoli di pelati o scatolette di tonno è costretto ad acquistare i borsoni messi generosamente a disposizione dai commercianti, più costosi e griffati, tanto per fare un po’ di pubblicità ai negozi a spese nostre.
In questo scenario, con i clienti di fatto costretti a partire da casa con le proprie buste riciclate, per evitare ogni volta di dover scegliere tra un balzello di 30-50 centesimi e l’impossibilità di arrivare a casa senza lasciare per strada qualche acquisto, sono spuntati i sacchetti biodegradabili anche al reparto della frutta e verdura.
Il costo è infinitesimale. Si va dagli uno ai 3 centesimi che, moltiplicati per le 140 spese medie, fanno dai 4 ai 12 euro l’anno. Malgrado il prezzo proletario, però, la novità è piaciuta pochissimo ai consumatori, che dall’introduzione dell’obbligo, il primo gennaio, hanno iniziato a riversare la propria indignazione sui social, nelle chat e negli stessi supermercati. Una rabbia che si è scaricata pure su Matteo Renzi, accusato di aver favorito l’azienda amica Novamont (che ovviamente produce sacchetti di plastica), guidata dall’imprenditrice Catia Bastioli, che nel 2011 partecipò alla Leopolda e che ora è presidente di Terna. L’intensificarsi delle polemiche, su cui si è rapidamente innestato il fuoco delle opposizioni, ha costretto il segretario del Pd ad intervenire. «L’ultima che sta girando molto via sms è che avrei organizzato un complotto per aiutare miei amici e cugini di terzo grado impegnati nella fabbricazione di sacchetti. Ebbene sì. Voi non immaginate quanto sia diabolica la nostra mente: prepariamo complotti tutti i giorni, anche tra San Silvestro e Capodanno», ha ironizzato l’ex premier, spiegando che in Italia ci sono circa 150 aziende, con 350 milioni di fatturato e 4mila dipendenti, che producono sacchetti e che la norma deriva da una direttiva Ue che tende a eliminare la plastica per combattere l’inquinamento.
Complotto o no, oltre ad essere l’ennesimo piccolo balzello, l’obbligo di sacchetto rischia di creare il caos nei supermercati. Il costo è infatti già stato incorporato dalle principali catene nei codici a barre di frutta e verdura. L’unico modo di non pagarlo, poiché andare con una propria busta è vietato, è quello di prezzare la frutta senza sacchetto e poi di chiedere alla cassa o di battere a mano il prodotto o di detrarre dal conto il prezzo del sacchetto caricato in automatico. Se tutti lo facessero, per andare a fare la spesa bisognerà prendere un giorno di ferie.
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