mercoledì 10 gennaio 2018

Padoan si fa raccomandare dall'Europa

Che qualcosa si stesse muovendo intorno a Pier Carlo Padoan lo si era capito già da un paio di giorni. L’ampia e dettagliata intervista al Corriere della Sera era eloquente. Più che a tracciare un bilancio del  lavoro fatto, ogni risposta era buona per gettare lo sguardo oltre la legislatura. Strade da proseguire, riforme da completare. E a domanda precisa il titolare di Via XX Settembre replica: «Candidarmi? Nessuno me lo ha chiesto e io non chiedo nulla, ma se me lo chiedessero, non lo escludo».

Uno scioglilingua dal chiaro significato: ci sono anch’io. C’è chi assicura che il mite tecnico dell’Ocse, chiamato nel 2014 da Matteo Renzi a tirare i fili dell’economia italiana, abbia fiutato la possibilità del colpaccio, del salto di qualità. Ma la situazione è fluida e il ruolo di Padoan sullo scacchiere assai indefinito. «Ho avuto colloqui», ha risposto ieri in maniera sibillina a chi gli chiedeva chiarimenti. Salvo poi approfittare dello scenario europeo per farsi tirare la volata da Jean Claude Juncker («con lui una grande collaborazione») e da quelli che, praticamente solo qualche settimana fa, lo hanno silurato alla guida dell’eurogruppo.
E qui parte il balbettìo renziano. «Abbiamo avuto idee diverse, abbiamo lavorato comunque insieme. Spero che continui a dare una mano al suo Paese», ha spiegato,  freddo. Ma Padoan è ormai entrato ufficialmente in campagna elettorale. Si scaglia contro chi attacca la legge Fornero, sbatte i pugni sulle spese Ue per i migranti. E il piglio non sembra quello di un futuro deputato, come il segretario  del Pd si ostina a trattarlo:  «È una delle ipotesi su cui stiamo  lavorando. È stato un ottimo ministro e gli abbiamo proposto» di candidarsi con noi. Più che una risorsa il ministro per Renzi sembra già diventato un problema.

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