sabato 20 gennaio 2018

I banchieri dei crac iniziano a pagare. Ma a Zonin tolgono solo le briciole

La Consob, nel maggio dello scorso anno, ha multato gli ex vertici della Popolare di Vicenza per complessivi 9,1 milioni di euro. Un mese dopo, nel luglio 2017, anche Bankitalia ha disposto sanzioni amministrative ai manager in carica all’epoca del dissesto: 3,6 milioni di euro. Cifre tutto sommato irrisorie, se si pensa che i destinatari dei provvedimenti punitivi sono banchieri che hanno bruciato circa 6 miliardi di euro in mano a 120mila risparmiatori e sono usciti di scena con le tasche zeppe di soldi.

Persino più leggeri ci sono andati i magistrati, che ieri hanno deciso di mettere sotto sequestro 1,73 milioni di euro. I destinatari dei provvedimenti sono stati cinque dei sette imputati al processo per il crac di Pop Vicenza. Nel dettaglio, Gianni Zonin, ex presidente nonché consigliere e membro di diritto del Comitato esecutivo, Samuele Sorato, ex direttore generale e ad, Andrea Piazzetta, ex responsabile della divisione finanza, Massimiliano Pellegrini, ex dirigente preposto alla redazione del bilancio, e Giuseppe Zigliotto, ex membro del cda. A testa, insomma, fanno 346mila euro. Bruscolini per i manager e soprattutto per l’ex re della popolare di Vicenza, che infatti si è affrettato a far sapere che sborserà i quattrini senza battere ciglio. «Il dottor Zonin», ha spiegato il legale dell’imprenditore veneto, «non ha fatto altro che pagare debiti in questi anni e non ci saranno certo problemi a depositare una somma se necessario».

I risparmiatori sono comunque soddisfatti. «Ottima notizia. Accolta la richiesta che abbiamo fatto fin dal 2015. Finalmente sono stati fatti i primi provvedimenti di sequestro dei beni a carico dei soggetti imputati», ha detto presidente dell'Unione Nazionale Consumatori, Massimiliano Dona.
In fondo, in uno scenario in cui i banchieri difficilmente pagano di tasca propria i danni provocati durante le loro gestioni e in cui sicuramente non lo faranno quelli indagati per i crac delle venete, considerato che non sono stati perseguiti per bancarotta, ma per ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto, una confisca, seppure di piccola entità, segna in qualche modo una discontinuità. Di qui a ritenere che una parte di quei soldi possano finire nelle tasche dei rispamiatori, però ce ne passa. Come scrive il giudice dell’udienza preliminare il sequestro è stato disposto perché le Fiamme Gialle hanno notato «azioni di trasferimento e dismissione, da parte degli imputati, di proprie disponibilità patrimoniali» e la procura ha temuto che venissero a mancare o si disperdessero «le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato in relazione all’inchiesta penale».
La decisione finale, spetterà comunque ai giudici. A chiedere la restituzione del maltolto ci sono 5mila parti civili che hanno già presentato la richiesta di costituzione nel processo.

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