Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, liquida l’intervento di Silvio Berlusconi, spiegando che «molti euroscettici hanno avuto il tempo per fare a braccio di ferro con la Merkel e non lo hanno fatto». Ma la protesta anti euro sta montando come un fiume in piena. E gli attacchi non arrivano solo dal Cavaliere.
Dopo gli economisti e gli intellettuali, l’ insofferenza inizia a crescere anche tra gli imprenditori. A partire «dall’americano» Sergio Marchionne, che ieri, parlando a margine del Consiglio per le relazioni Italia-Usa, si è scagliato a testa bassa contro la Banca centrale europea e la sua decisione «scioccante» di non svalutare l’euro. La moneta unica a questi livelli, secondo l’ad di Fiat, «non è sostenibile per alcuna azienda che voglia esportare, il suo valore è assolutamente sproporzionato alle nostre capacità economiche di competere».
Io, ha poi spiegato, «avrei fatto di tutto per cercare di svalutare l’euro perché non aiuta né l'economia né nessun altro. Abbiamo visto che il Giappone si è comportato in una maniera completamente diversa, che gli americani continuano a facilitare l’espansione del credito nei mercati finanziari e questo serve anche in Europa. Non possiamo limitarci a fare discorsi stoici. Dobbiamo veramente ripensare a questa posizione».
E la posizione del numero uno del Lingotto non è rimasta affatto isolata. «L’euro è molto sopravvalutato», ha detto Marco Tronchetti Provera, ricordando che «al momento dell’integrazione europea e dell’avvento della moneta unica, il rapporto di cambio con il dollaro era 1 a 17 e oggi siamo ben al di sopra. La nostra economia è più debole in rapporto a quella americana».
A chi gli ha chiesto se sia necessaria una svalutazione, il presidente di Pirelli ha replicato senza indugi: «Deve avvenire prima o dopo, più prima che dopo». Questo perché, ha aggiunto, «non si può vivere in un’area in recessione con una valuta sopravvalutata. L'Europa è una piattaforma tecnologica con competenze molto forti, deve importare tecnologia, ma con altri Paesi che hanno un’economia molto forte ci troviamo svantaggiati dalla moneta. Questo penalizza tutte le imprese e i cittadini europei».
E pur non prendendosela direttamente con l’euro, la tesi che al Vecchio Continente serve una scossa serpeggia più volte anche nelle parole dure pronunciate ieri da Jacopo Morelli. «I dati parlano chiaro: in Europa si sono persi 3,8 milioni di posti di lavoro e la produzione industriale è calata del 12%», ha detto il presidente dei giovani industriali durante la tradizionale kermesse di Santa Margherita ligure, «un bollettino di guerra per 5 anni di crisi». E anche se è vero che molte economie avanzate sono state colpite dalla crisi è altrettanto vero che c'è chi sta ripartendo, «alcune hanno reagito prima delle altre». Il riferimento è agli Stati Uniti che «prevedono di creare 3 milioni di nuovi occupati e di accrescere il pil del 3% nel prossimo anno».
Se lo scenario permane, ha minacciato Morelli, la strada è segnata: «Senza prospettive per il futuro l’unica prospettiva diventa la rivolta».
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