«Non abbiamo più tempo, bisogna agire subito». Enrico Letta ha aperto i lavori del vertice dei ministri economici di Francia, Germania e Spagna con toni gravi e ultimativi. Un modo per sottolineare quanto l’Italia conti sul sostegno europeo per combattere la disoccupazione e rilanciare il lavoro giovanile. Per quanto il premier tenti di caricare di aspettative il calendario degli appuntamenti europei e internazionali (lunedi e martedì ci sarà pure il G8) in vista dell’ormai mitico summit a Bruxelles del 27 giugno, per ora di carne al fuoco non ce n’è molta. L’obiettivo a portata di mano è quello di anticipare al 2013 i fondi Ue per la disoccupazione. Ma per l’Italia si tratta di 400 milioni spalmati fino al 2020. Bruscolini. Quanto alla possibilità di scorporare gli investimenti produttivi, la famosa golden rule, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha ribadito ieri che non se ne parla.
In realtà, il vero vertice di ieri a Roma non era quello ufficiale sul lavoro che si è tenuto a Palazzo Chigi, ma quello ben più importante, e informale, a cui hanno partecipato tutti i direttori generali dei ministeri del Tesoro della Ua. Si tratta dell’Eurogroup Working Group (Ewg), un comitato tecnico guidato dall’austriaco Thomas Wieser che si occupa di preparare i documenti che finiscono sul tavolo di Eurogruppo ed Ecofin. E lì, in sostanza, che si fanno gli accordi e si prendono le decisioni che contano.
All’ordine del giorno, ieri, in vista del vertice dei ministri delle Finanze Ue previsto per il 20 giugno a Lussemburgo, c’era la questione spinosissima dei salvataggi bancari da parte del fondo salva Stati europeo (Esm). L’idea è quella di dare all’Esm la possibilità di effettuare interventi diretti sulle banche in difficoltà, attraverso operazioni di ricapitalizzazione ed eventualmente entrando nel cda degli istituti, utilizzando una dotazione massima del fondo di 60 miliardi.
Ma la vera bomba riguarda gli altri attori del salvataggio bancario. La bozza di documento preparato dal comitato prevede, infatti, che anche in caso di intervento dell’Esm governi e creditori non resteranno a guardare. «Le risorse private di capitale saranno considerate come prima soluzione, compresi i contributi da parte degli azionisti e dei creditori dell’istituto beneficiario», si legge nel documento. «Un adeguato livello di svalutazione o di conversione del debito dovrà aver luogo, in linea con le norme Ue». Si tratta di quello che tecnicamente viene chiamato bail-in. Un meccanismo di cui si discute da tempo in Europa per cui la banca in crisi paga creditori e obbligazionisti con quote di capitale (azioni) che dopo qualche tempo varranno come la carta straccia (è già successo in Spagna con Bankia).
Una follia? Tutt’altro, secondo le autorità bancarie nazionali ed internazionali e la stessa Commissione Ue, che già nel giugno del 2012 ha approvato una proposta di direttiva in tal senso. E il bello è che anche l’Italia, malgrado nessuno lo sappia, ha già dato il via libera. Rispondendo ad una interrogazione dello scorso 21 maggio dei deputati del Pdl, Renato Brunetta e Alessandro Pagano, i quali paventavano, non a torto, un effetto devastante sull’offerta di credito alle imprese e un rischio per i piccoli risparmiatori, il sottosegretario all’Economia, Alberto Giorgetti, spiegava con serenità che «il governo italiano si è espresso favorevolmente nei confronti di un sistema armonizzato al bail-in in ambito europeo». Non è chiaro quali misure verranno prese per garantire i cittadini che hanno in tasca obbligazioni bancarie. Né quali siano i confini del meccanismo. Per essere chiari, la possibilità che anche i correntisti vengano coinvolti nel salvataggio degli istituti di credito, come chiede a gran voce la Germania sulla scorta del prelievo forzoso avvenuto a Cipro, è dietro l’angolo.
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