martedì 11 giugno 2013

Il Pil frana, manovra in vista

Produzione a picco, export ancora giù e pil più basso del previsto. Detto in due parole: manovra correttiva. Dopo un paio di settimane di sbornia da conti pubblici, in cui si era pensato che lo stop della procedura per deficit eccessivo aprisse chissà quali spazi di intervento su tasse e crescita, l'Istat ieri ci ha bruscamente riportato con i piedi per terra, delineando un quadro di crisi profonda che apre concretamente la strada alla necessità di ulteriori sacrifici.

La produzione industriale ad aprile ha segnato il ventesimo calo consecutivo con una flessione dello 0,3% sul mese precedente e del 4,6% sul 2012. Va letteralmente a picco l'auto, che ha registrato un meno 14,3%. Malissimo anche i consumi, con la spesa delle famiglie diminuita nel primo trimestre del 3,4% rispetto al 2012.
Confindustria stima un possibile rialzo della produzione dello 0,3% a maggio, ma avverte che il quadro complessivo «resta negativo». Il Centro studi ritiene, infatti, «molto probabile» una ulteriore flessione congiunturale nel trimestre in corso. Sarebbe il nono consecutivo. Impressionante, poi, il calo dal picco pre crisi (aprile 2008), con l'asticella che a maggio va giù addirittura del 24,9%.
A confermare l'affanno della nostra industria, e, semmai ce ne fosse bisogno, l'effetto devastante dello squilibrio monetario interno all'euro, c'è anche il dato sull'export, che nel primo trimestre è crollato dell'1,9%. Si tratta del peggior risultato dal primo trimestre del 2009.

Di fronte agli industriali di Assolombarda il ministro del Welfare, Enrico Giovannini, ha commentato il bollettino di guerra assicurando che il governo sta «predisponendo degli interventi che entro giugno avranno delle componenti normative e finanziarie per stimolare la nuova occupazione». Al di là del fatto che le imprese si aspettano un taglio consistente delle tasse e non solo qualche incentivo per i neoassunti, il problema è che probabilmente non ci saranno fondi né per una cosa né per l'altra. Anzi, tutto fa prevedere uno scenario di squilibrio dei conti tale da costringere il governo ad intervenire ancora una volta.
Il dato più inquietante di quelli forniti ieri dall'Istat riguarda, infatti, la revisione al ribasso del Pil, che nel primo trimestre 2013 si attesta a -0,6 su base congiunturale e a -2,4% rispetto al 2012. Le precedenti stime erano rispettivamente di -0,5 e -2,3%.

La decrescita del Paese getta ombre inquietanti sui prossimi mesi. Soprattutto alla luce del clamoroso fallimento di tutte le previsioni governative fatte negli ultimi 12 mesi. Ad aprile 2012 il professor Mario Monti prevedeva nel Documento di economia e finanza un pil per il 2012 in flessione dell'1,2% e per il 2013 in aumento dello 0,5%. Passano pochi mesi, e a settembre 2012 (nella nota di aggiornamento) il quadro cambio con -2,4% (che è stato poi il dato di chiusura dell'anno scorso) e -0,2% per il 2013. Si arriva così alle stime ufficiali per l'anno in corso (Def 2013), quelle su cui sta lavorando in questi giorni il governo per gli interventi annunciati. Ebbene, il pil per quest'anno è previsto a -1,3%. Fino a qualche settimana fa l'Istat prevedeva che a fine anno il pil non si sarebbe scostato molto da tale stima. Ieri, invece, i dati hanno rivelato un pil acquisito per tutto il 2013 (considerando crescita zero per i successivi trimestri) di -1,6%. Lo scarto dello 0,3%, per quanto esiguo, potrebbe risultare devastante per i conti pubblici, considerato che l'operazione debiti Pa farà schizzare (nelle stime basate sul Def) il rapporto deficit/pil a -2,9%, vicinissimo alla soglia invalicabile del 3%. E se è vero quanto spiega Confcommercio, secondo cui «in considerazione della profonda flessione della domanda interna, è praticamente impossibile immaginare una crescita prima della metà del 2014», saranno guai grossi. Una flessione imprevista del pil (che è il denominatore su cui si calcola l'indebitamento) non solo impedirà al governo di spendere un solo centesimo in più rispetto ai saldi della legge di stabilità, ma richiederà anche la necessità di recuperare altre risorse per evitare di ripiombare da subito in un'altra infrazione per deficit eccessivo.

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