sabato 8 giugno 2013

Un esercito di padroncini ostacola la corsa dei Tir

Un cambio di passo. Utilizzando la crisi come un'opportunità per scardinare un sistema dell'autotrasporto da troppi anni ingessato. È questo il tentativo di Assotir, che ieri è oggi ha riunito gli iscritti a Roma per il suo secondo congresso nazionale. La parola d'ordine è aggregazione. Delle migliaia di mini aziende che operano nel settore, spesso con logiche antieconomiche e non competitive. Ma anche delle decine di sigle sindacali, a volte più attente alle faide interne che agli obiettivi comuni.

Il tempo, ovviamente, è già scaduto. La recessione (e il costo del gasolio, aumentato del 31% nell'arco di 12 mesi) ha colpito duro anche qui. Nel 2012 il settore, che rappresenta il 7% del pil, ha registrato una flessione delle attività del 21%. Le vendite dei veicoli pesanti sono scese del 28%. Settemila imprese, su un totale di circa 100mila, hanno dovuto gettare la spugna. E altre 2mila sono in una situazione fallimentare o prefallimentare. La strategia per ripartire, secondo il sindacato, ruota intorno alla necessità di fare sistema. «Occorre», spiega il segretario di Assotir, Claudio Donati, «aumentare l'imprenditorialità del settore, e contrastare l'intermediazione parassitaria favorendo l'aggregazione tra microimprese. L'autotrasporto merci italiano ha bisogno di proporsi come un sistema, cioè, come una pluralità di soggetti che, con ruoli diversi, agiscono avendo come obiettivo lo sviluppo della qualità e dell'efficienza, attraverso una maggiore capacità competitiva, nel rispetto della sicurezza e della legalità».

Un buon punto di partenza, aggiunge il presidente Anna Vita Manigrasso, sarebbe quello di «intervenire sulle regole che governano dall'interno il comparto, stabilendo, ad esempio criteri quantitativi tra il fatturato aziendale e la effettiva disponibilità dei mezzi da parte dell'impresa». Questione non di poco conto, se si considera che circa la metà delle aziende non ha veicoli e l'altra metà ne ha in media uno.
Combattere la frammentazione e la scarsa trasparenza del tessuto imprenditoriale, secondo Assotir, significa abbattere uno dei principali ostacoli per il rilancio del settore. Un settore dove si conoscono esattamente il numero di aziende e i veicoli posseduti, ma spesso si ignorano dipendenti e fatturati, così come le modalità operative e le attività. Ed è proprio all'interno di questa zona grigia che trovano spazio l'intermediazione selvaggia e la concorrenza sleale delle imprese straniere.

Ma la riforma dell'autotrasporto passa anche per la revisione del sistema dei costi minimi, maggiori controlli, qualificazione dell'offerta attraverso criteri più selettivi di accesso alla professione, ridefinizione dei rapporti con la committenza e nuove forme di rappresentanza. Molto si può fare dall'interno. Per il resto servirà il sostegno e la collaborazione anche delle istituzioni. Se vogliamo, dice Donati, «che l'autotrasporto divenga motore di sviluppo concorrendo alla ripresa economica del Paese occorre che la politica lo consideri come un soggetto con pari dignità rispetto alle altre categorie e forze sociali». Assotir oggi chiederà al governo Letta di inserire la questione del trasporto su gomma tra le 10 priorità da affrontare per il rilancio economico. Ma allo stesso tempo chiederà anche a tutto il settore di avviare un serio percorso di rinnovamento interno, senza il quale neanche l'esecutivo più attento e disponibile sarebbe in grado di far ripartire il comparto.

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