A poco meno di un mese e mezzo dal suo insediamento per il governo Letta è già arrivato il momento dei fischi. Non è la prima volta che dal mondo delle imprese arrivano segnali di pentimento rispetto al sostegno accordato sulla fiducia al nuovo esecutivo. Ieri, però, il dissenso è stato sonoro e plateale. A scatenare la protesta, manco a dirlo, i tentennamenti di Palazzo Chigi sui temi fiscali. Il ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato, si è presentato davanti agli esponenti di Confcommercio riuniti per l’assemblea annuale pieno di buone intenzionie, ma con pochissime certezze da offrire ad uno dei settori, quello della piccola e media impresa, più colpiti dalla crisi.
L’ex sindaco-sceriffo di Padova se l’è cavata bene finché ha denunciato il peso insostenibile» del fisco e definito «paradossale» l’applicazione dell’Imu ai capannoni industriali. Arrivato alla questione Iva, però, il ministro non se l’è sentita di bluffare. «Mi piacerebbe», ha esordito, «dire non la aumenteremo, ma non lo posso fare, si tratta di una decisione che è stata presa, anche se la volontà resta ed è forte». Di fronte ai primi mugugni, il ministro ha tentato di giustificarsi, peggiorando la situazione. «La decisione è stata presa non dal mio governo, e l’incremento di gettito è già nel bilancio dello Stato». Risultato: l’esasperazione degli imprenditori ha preso il sopravvento e Zanonato è stato costretto a proseguire il suo intervento con una valanga di fischi che ha reso a malapena udibili le sue parole. L’episodio ha subito riacceso le tensioni nella maggioranza, con i falchi del Pdl, a partire da Renato Brunetta, schierati al fianco degli imprenditori fischianti e del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, che poco prima in assemblea aveva chiesto al governo di «scongiurare tempestivamente l’aumento dell’Iva, senza se e senza ma, perché sarebbe benzina sul fuoco della recessione».
«Bravo Sangalli», ha detto il capogruppo del Pdl alla Camera, «che ha ribadito la necessità di queste misure e, soprattutto, la necessità di porre fine all’incertezza e alle dichiarazioni confuse degli esponenti dell’esecutivo e del Pd». E col presidente di Confcommercio sta anche Maurizio Gasparri, che considera «l’aumento dell’Iva una vera follia, considerato anche che se l’imposta sale il gettito cala». Un fuoco di fila che alla fine ha costretto anche il Pd a scendere in campo. «Lo stop all’aumento è una priorità assoluta. Il governo trovi la copertura», hanno detto i senatori del Stefano Collina e Gian Carlo Sangalli. Concetto ribadito anche dal responsabile economico del partito, Matteo Colaninno, secondo cui l’incremento dell’aliquota «darebbe il colpo definitivo a migliaia di imprese e famiglie». A fare da pompiere, questa volta è toccato ad Angelino Alfano. «Il governo sta lavorando per trovare i soldi», ha scritto il vicepremier del Pdl su twitter, «a partire dal ministro Saccomanni».
A mantenere alta la temperatura ci hanno, però, pensato i dati snocciolati da Confcommercio, secondo cui per far tornare i consumi degli italiani («mai così male in 70 anni di Repubblica») e il reddito disponibile ai livelli pre-crisi bisognerà aspettare fino al 2036. Solo nel primo trimestre di quest’anno, ha poi spiegato Sangalli, «hanno chiuso i battenti più di 40mila imprese». Colpa della recessione, delle tasse, ma anche degli adempimenti fiscali, per cui ogni azienda deve bruciare ogni anno «l’equivalente di 269 ore di lavoro», con un onere annuo complessivo per le imprese di 10 miliardi, «quasi il 50% in più della media dei Paesi Ue».
E a denunciare «l’economia al collasso» ieri è stato anche Raffaele Bonanni, che aprendo il congresso della Cisl ha chiesto al governo non interventi balbettati, ma un vero e proprio «choc fiscale, un taglio forte delle tasse per rilanciare consumi e investimenti». La questione fiscale, ha spiegato il sindacalista, chiedendo il coinvolgimento della parti sociali nelle riforme, «è la madre di tutte le battaglie e la madre di tutti i nostri guai».
© Libero