venerdì 21 giugno 2013

Il Pd propone al Cav un patto di non aggressione

Il governo si tiene fuori. Il Pd pure. Intervenuto alla stampa estera, Enrico Letta ha voluto subito mettere distanza tra l’esecutivo e la questione dell’ineleggibilità di Silvio Berlusconi. Il voto, su un ricorso del Movimento 5 Stelle, è fissato per il prossimo 9 luglio in Senato. E per il premier la faccenda è tutta e soltanto di competenza parlamentare. «Il governo non c’entra con questa scelta. Sono dinamiche parlamentari», ha spiegato il presidente del Consiglio ai cronisti stranieri.

Aggiungendo anche una battuta: «Lo so che tutto ciò che coinvolge Berlusconi per voi è fantastico, perchè vi consente di scrivere lunghi articoli mentre le cose pallose che vi racconto io nel merito sono molto meno vendibili alla vostra pubblica opinione, ma è il mio lavoro». Concetti ribaditi anche dal segretario del Pd, Guglielmo Epifani, secondo cui «un governo nato per porsi al servizio dei cittadini al servizio dei cittadini deve restare, con una sentenza o con un’altra sentenza».
Insomma, il patto di non belligeranza che sembra puntellare le larghe intese per ora regge.  Il verdetto della Corte costituzionale che ha dato torto alla difesa dell’ex premier non ha avuto altro effetto che quello di agitare brevemente le acque. Ma l’attenzione del Cavaliere nell’evitare, anche da parte dei suoi, attacchi scomposti al governo e al Pd sembra raccogliere i suoi frutti. E le parole di Letta sul nodo dell’ineleggibilità non possono che essere interpretate come una mano tesa. Sul piatto c’è la disponibilità ad accantonare tutte le grane giudiziarie di Berlusconi in cambio di un sostegno senza scossoni né sorprese al governo.

Di qui la nuova linea sull’ineleggibilità. «Non darei», ha detto Letta, «grande importanza a questo avvenimento».  Ben più importanti sono le assicurazioni date mercoledì da Berlusconi, subito dopo la sentenza della Consulta, con cui garantiva la stabilità dell’esecutivo. Dichiarazioni che permettono al premier di usare toni tranquillizzanti. «Vedo», ha spiegato, «il governo stabile, concentrato sui suoi obiettivi. Non credo ci saranno conseguenze da parte delle vicende esterne di carattere giudiziario o di altro genere». Né, ha aggiunto il premier, «vedo elezioni anticipate a breve, non mi sembra che ci sia questa situazione».
E dove non può arrivare Letta arrivano i suoi. Con il fedelissimo Francesco Boccia, che in un’intervista al Messaggero spiega non solo che «Berlusconi non staccherà la spina al governo neppure dopo la sentenza della Cassazione», ma che il suo voto il prossimo 9 luglio è già deciso. «Per quanto mi riguarda dico no all’ineleggibilità», dice il presidente della commissione Bilancio». Anche da Boccia arriva apprezzamento per la linea del Cav. «Dobbiamo riformare», spiega, «il Paese senza spargimenti di sangue per poi tornare alla dialettica sinistra-destra. E le parole di Berlusconi vanno in questa direzione. Sono convinto che il leader del Pdl manterrà fede all’impegno preso e metterà l’interesse del Paese davanti a tutto».

Boccia non è isolato. Anzi, il fronte pro-eleggibilità del Pd sta crescendo. Si è già espresso in questo senso anche il capogruppo Pd alla Camera, Roberto Speranza. Mentre Matteo Renzi è da sempre per lo slogan: Berlusconi si manda a casa battendolo alle elezioni.
Insomma, i tempi dello scivolone di Luigi Zanda, che qualche settimana fa definì Berlusconi assolutamente ineleggibile, salvo poi precisare che era una sua posizione personale, sono lontani anni luce.
Nel Pdl, però, c’è ancora chi non si fida. Anche perché se sul voto del 9 luglio il Pd sembra orientato a non alzare barricate, Epifani avverte che se la Cassazione confermerà la condanna di Berlusconi per i diritti Tv, il Pd non potrà fare altro che rispettare la sentenza. Compresa la parte dell’interdizione dai pubblici uffici.
A chiedere più chiarezza è Sandro Bondi, che si rivolge direttamente a Letta. «Entro certi limiti», spiega il coordinatore del Pdl, «capisco la sua necessaria prudenza e la sua felpata capacità di dissimulare, ma ci sono questioni storiche, politiche e umane, su cui non si può democristianamente glissare. La sorte, ad esempio, di un leader politico come Berlusconi». Secondo Bondi la questione della sua presunta ineleggibilità, così come altre questioni «dirimenti non solo per il futuro del governo ma per il futuro dell’Italia, richiederebbero giudizi politici intellettualmente onesti e coraggiosi anche da parte del presidente del Consiglio».

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