Dopo la fiducia posta dal governo alla Camera, la legge delega fiscale prosegue tranquillamente il suo iter al Senato nella convinzione più o meno diffusa che il testo sia sostanzialmente innocuo dal punto di vista tributario. In altre parole, che il provvedimento sposterà tasse da una parte all’altra, con l’obiettivo di migliorare il sistema senza aumentare però la pressione complessiva delle imposte su famiglie e imprese. In realtà, all’interno del provvedimento c’è una bomba pronta ad esplodere, con effetti devastanti per i contribuenti. Quando la riforma del catasto diventerà operativa, infatti, sugli italiani si potrebbe abbattere una delle stangate più violente che si sia mai vista.
A poco servirà la clausola di salvaguardia sull’invarianza di gettito, un principio già contenuto nella prima formulazione della legge delega uscita da Palazzo Chigi lo scorso aprile e rafforzato durante il passaggio parlamentare. I tecnici e gli esperti sono infatti concordi nel ritenere praticamente impossibile modulare le compensazioni fiscali (attraverso abbassamenti delle attuali aliquote dell’imposizione sulla casa) in modo tale da neutralizzare l’effetto della riforma.
Il risultato, con tutta probabilità, sarà un bagno di sangue. Anche perché gli aumenti dell’imponibile stimati sulla base dei principi contenuti nella legge delega sono di proporzioni siderali. Il meccanismo a cui stanno lavorando i tecnici di Via XX Settembre si articola principalmente sulla distinzione tra “valore patrimoniale” dell’immobile e “rendita catastale”. Il primo sarà determinato partendo dai valori di mercato stabiliti dall’Omi (l’Osservatorio immobiliare dell’Agenzia del territorio) e applicando correttivi di tipo statistico, in sostanza un algoritmo, che tengano conto della situazione dell’immobile. La seconda (abbandonando gli attuali estimi catastali e il numero dei vani) sarà invece calcolata partendo dai valori locativi annui espressi al metro quadrato (sempre elaborati dall’Agenzia del Territorio) e applicando una riduzione corrispondente alle spese di gestione dell’immobile. A questo punto il valore verrà moltiplicato per la superficie. Non è ancora chiaro quale sarà il valore utilizzato poi per pagare l’Irpef, l’Imu o le varie imposte che gravano sulle compravendite. Se la base di partenza dovesse restare la rendita, considerando la rivalutazione che sta studiando il governo, basata sul valore di mercato degli affitti, le proiezioni effettuate su specifiche tipologie abitative parlano di incrementi monstre dell’imponibile che in alcuni casi potrebbero arrivare fino al mille per cento. Ma la musica cambia poco anche se il punto di riferimento dovesse essere il valore patrimoniale.
Per avere un’idea dello scostamento tra gli attuali indici e i valori di mercato basti pensare che in media la casa tipo in Italia vale il 267% in più rispetto alla cifra indicata dal valore catastale. Ma la situazione varia molto da regione a regione. Utilizzando per il confronto il rapporto sugli Immobili in Italia 2011 dell’Agenzia del Territorio si scopre che la percentuale a Milano è del 172%, mentre a Roma e del 252%. A Palermo, a Napoli e a Venezia, però, si arriva rispettivamente al 408, al 399 e al 392%. L’asticella si alza molto anche a Firenze, dove lo scarto è del 337%.
Stando alle rilevazioni più recenti, ha spiegato recentemente il direttore dell’Agenzia del territorio, Gabriella Alemanno, «per le abitazioni il valore corrente di mercato è pari, in media, a 3,73 volte la base imponibile a fini Imu». Mentre i canoni degli affitti «sono mediamente superiori di 6,46 volte le rendite catastali». Se i nuovi imponibili saranno ricavati dalle rendite agganciate al mercato delle locazioni, la stangata è assicurata. Utilizzando le quotazioni degli affitti aggiornate al primo semestre 2012 dell’Agenzia del territorio abbiamo sviluppato una simulazione della rivalutazione su tre tipologie di case in tre diverse città di Italia. I risultati sono impressionanti. Si va, infatti, da un incremento dell’imponibile fiscale del 285% per un appartamento centrale a Milano al 633% di un immobile in zona centrale a Roma, fino all’agghiacciante aumento del 1000% che si ottiene applicando i nuovi criteri ad una abitazione di Napoli di 100 mq in zona Piazza Plebiscito-Municipio.
Inutile sperare sui tempi lunghi della riforma. Per la stangata vera e propria, secondo le stime del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ci vorranno due o tre anni. Tanto è il tempo che occorrerà ai tecnici per rielaborare gli estimi catastali su tutto il territorio. Ma il governo ha ribadito più volte l’intenzione di incardinare la riforma, attraverso i decreti delegati, entro la fine della legislatura. A quel punto, presto o tardi, la mazzata arriverà. L’unica speranza, a questo punto, sarebbe quella di introdurre dei correttivi durante l’esame del Senato. Tra cui, ad esempio, la possibilità per i cittadini di contestare una rivalutazione della rendita clamorosamente fuori mercato impugnando la nuova tariffa davanti ai giudici. Impedirlo, ha spiegato il presidente di Confedilizia, Corrado Sforza Fogliano, rappresenta una violazione allo Stato di diritto, «in quanto impedisce il controllo giurisdizionale delle tariffe d’estimo ad un contribuente che voglia ricorrere contro un accertamento tributario».
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