giovedì 8 novembre 2012

Allarme europeo sull'Italia: zero crescita, altri sacrifici

Come dice Barack Obama, il meglio deve ancora venire. E per l’Italia saranno dolori. Con la disoccupazione alle stelle fino al 2014, i consumi in contrazione per tutto il prossimo anno, una «tiepida» ripresina verso la fine del 2013, un debito che scende a passo di lumaca e nuove manovre correttive all’orizzonte. Dopo mesi di segnali ottimstici e rassicuranti lanciati dal governo, ieri la Commissione Ue ha riportato tutti bruscamente con i piedi per terra.

«L’Italia ce la può fare alla grande», ha detto ieri mattina il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera. Mentre solo qualche ora prima, intervenendo martedì sera a Ballarò, il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, aveva spiegato che «la legge di stabilità potremmo anche non farla, perché i saldi sono a posto». Di tutt’altro tenore il quadro disegnato in tarda mattinata dalle previsioni d’autunno della Commissione europea, secondo cui nel nostro Paese è in atto «una recessione profonda» che non mollerà il colpo fino alla seconda metà del 2013, quando «una tiepida ripresa» potrebbe rimettere in moto il ciclo economico. Ma il ritmo, avverte la commissione, sarà «ancora debole», considerato che i consumi privati dovrebbero contrarsi ulteriormente anche il prossimo anno, «per tornare in territorio positivo solo nel 2014».

Tradotto in cifre, la Commissione stima un pil in calo del 2,3% (-2,4% le previsioni del governo) quest’anno e dello 0,5% (-0,2%) per il 2013. Se poi le tensioni sui mercati finanziari dovessero allentarsi, cosa nient’affatto scontata, l’Italia potrebbe acciuffare uno 0,8% di crescita (rispetto ad un +1,1% previsto da Palazzo Chigi). Il prolungamento della recessione avrà effetti devastanti sul mondo del lavoro. La disoccupazione è, infatti, destinata ad aumentare ancora nei prossimi due anni, passando dal 10,6% del 2012 (contro l’8,4% dell’anno scorso) all’11,5% del 2013 fino all’11,8% del 2014.
A mettere in ginocchio il Paese, ha spiegato il commissario Ue Olli Rehn, è stato il combinato disposto delle manovre correttive e delle «pressioni al rialzo sui tassi di interesse», che hanno «amplificato l’impatto depressivo del consistente consolidamento di bilancio sulla domanda interna».

Ed ecco il bello: malgrado la cura da cavallo, neanche i conti sono a posto. La Commissione europea conferma che l’Italia otterrà il pareggio di bilancio strutturale nel 2013 (-0,4%), ma sarà solo un miraggio. Per il 2014, a politiche invariate, il deficit salirebbe di nuovo a -0,8%. Quanto al debito (previsto al 126,5% nel 2014), Rehn ha avvertito che «il ritmo rallentato di riduzione» rispetto a quanto previsto in primavera, «è fonte di preoccupazione soprattutto nel contesto di una prospettiva di crescita lenta».
Il risultato è drammatico quanto scontato: altre correzioni ai conti pubblici. Il commissario agli Affari economici e monetari ha detto chiaramente che «è importante continuare gli sforzi di consolidamento oltre il 2013» ed è «specialmente importante che l’Italia raggiunga e conseguentemente mantenga il pareggio di bilancio in termini strutturali e centri gli obiettivi di riduzione del debito pubblico».
Da Monaco di Baviera, dove si trovava per una conferenza, Grilli non ha commentato l’ipotesi di nuove manovre. Ma il tono, dopo la doccia gelata di Bruxelles, è cambiato. «La situazione è più positiva, ma ovviamente», ha ammesso, «non tutti i problemi sono risolti».

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