giovedì 22 novembre 2012

I Prof riesumano il piano casa di Fanfani

«La situazione di emergenza abitativa che si va delineando sembra richiamare quella del Dopoguerra: perché allora non recuperare lo schema che ebbe a suo tempo successo per assicurare la casa ai cittadini e cioè il piano Fanfani?». Non è uno scherzo, ma la proposta lanciata ieri dal viceministro delle Infrastrutture, Mario Ciaccia. La buona notizia è che il governo si è finalmente accorto che la crisi ha riportato l'Italia indietro di 70 anni, la cattiva è che, pur di non prendere in considerazione l'ipotesi di abbassare le tasse per rilanciare il settore delle costruzioni, viene rispolverata un'idea del 1949. Il tormentone dell'edilizia popolare e dell'emergenza abitativa è stato del resto un chiodo fisso di tutti gli ultimi governi. E bisogna dare a atto a Ciaccia, quanto meno, di aver riconosciuto la sostanziale inefficacia delle misure messe finora in campo, anche dallo stesso governo Monti, per il social housing, considerato che le stime parlano di 600mila famiglie ancora in attesa di un alloggio pubblico.

Quanto al piano Fanfani, ha spiegato il viceministro, «si trattò di assicurare a quel tempo adeguati finanziamenti pubblici al settore delle costruzioni, allora come oggi formidabile leva per lo sviluppo economico e incubatore veloce di posti di lavoro, anche non altamente specializzato». Il piano, ha proseguito durante un convegno organizzato a Milano dall'Associazione costruttori edili, «prevedeva in origine il patto di futura vendita, trasformato successivamente in un piano di riscatto con ipoteca sull'immobile da estinguere all'avvenuto pagamento delle rate previste». Oggi, secondo Ciaccia, esistono tutti gli strumenti operativi per adattare il piano all'attuale quadro istituzionale. L'idea è di utilizzare la Cdp, ma anche la Bei, per acquistare i titoli emessi dalle banche per finanziare i mutui residenziali, con una forte riduzione del costo della raccolta. In altri termini, cartelle fondiarie con la collaborazione di Cdp o, meglio ancora, cartolarizzazione di mutui già in corso concessi dalle banche.

Più concretamente, però, il presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti ha ricordato al viceministro che a frenare il settore sono principalmente l'Imu e i vincoli imposti ai comuni dal patto di stabilità interno. I dati, del resto, parlano chiaro. Gli investimenti in costruzioni in Italia sono calati nel 2012 del 6%, mentre tra luglio e settembre, secondo le rilevazioni diffuse ieri dall'Agenzia del territorio, il mercato immobiliare ha registrato un crollo del 26%.

E proprio mentre il viceministro parla di emergenza abitativa a Milano, in commissione Finanze alla Camera, il direttore del dipartimento delle Finanze, Fabrizia Lapecorella decretava il fallimento della cedolare secca, che avrebbe dovuto ridare impulso al mercato degli affitti. Il gettito incassato da chi ha aderito al nuovo regime fiscale nel 2011 «è di gran lunga inferiore rispetto alle previsioni». Le stime sono passate da 3,860 miliardi a 814 milioni e sono state riviste anche le attese per gli anni successivi. Ad abbattere di un quarto la potenziale platea, inutile dirlo, la burocrazia kafkiana. Il mancato successo, ha ammesso Lapecorella, è dovuto probabilmente alla «complessa procedura necessaria per esercitare l'opzione».

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