Un incipit magistrale, subito seguito da un racconto da strabuzzare gli occhi. «In 19 anni non ho mai partecipato ai comitati esecutivi, non c’era l’intromissione della presidenza. Il presidente non aveva deleghe né poteri se non quelli riservati al presidente», ha spiegato ai parlamentari. Ma neanche il cda sapeva molto. Nessuno, ha detto, segnalò le pratiche scorrette di concedere finanziamenti in cambio di acquisti di azioni della banca, le cosiddette operazioni baciate. Ci fu solo una lettera di un dipendente nel 2015, ma «dall’analisi degli organi di controllo non venne fuori niente». Per farla breve, Zonin ha appreso dei finanziamenti baciati solo nel maggio 2015, «quando il capo ispettore della Bce mi ha convocato d’urgenza a MIlano».
La musica non cambia sugli altri temi caldissimi dell’inchiesta parlamentare: «Ho incontrato solo due volte il governatore Visco e una volta Draghi, ma non abbiamo mai parlato di Banca Etruria». E in ogni caso, ha proseguito, «non ho mai ricevuto ordini da parte della Banca d’Italia per fare acquisizioni». Il capitolo con la banca toscana, ha detto, assicurando di non conoscere né l’ex ministro Maria Elena Boschi né il padre Pierluigi, si è chiuso nel 2014, quando è stata rifiutata l’Opa da 212,5 milioni lanciata sulla base del dossier di Lazard e su indicazione di Rothschild.
Inutile, poi, tentare di sapere qualcosa sulle porte girevoli che hanno portato molti ex funzionari di Bankitalia ad incarichi di responsabilità e controllo in Pop Vicenza. «Il personale», ha spiegato Zonin, «era assunto dal dg. Non era compito del presidente assumere il personale. Non era il mio compito». Tuttalpiù il banchiere che ha presieduto l’istituto per 19 anni poteva dare una sbirciata. «Io guardo se le persone sono brave, il resto non lo guardavo anche perché non era il mio compito», ha detto.
Il finale è affidato al piatto forte della contrizione e delle perdite subite. «Anch’io ero socio, come famiglia abbiamo persona una cifra molto consistente», ha spiegato Zonin, aggiungendo che «quanto successo a mi ha provocato da uomo e da imprenditore un disagio profondo ed è stato mortificante».
«Pensavo che fosse una persona che ricopriva un ruolo importante. Invece abbiamo audito una specie di passante...», ha sintetizzato il presidente del Pd, Matteo Orfini.
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