domenica 17 dicembre 2017

Far causa alle banche conviene. Due volte su tre vince il cliente

Le banche lo tengono ben nascosto. Nulla compare nei bilanci e nei rendiconti periodici. Ma ogni mese ci sono migliaia di cittadini che chiedono, e spesso ottengono, giustizia per torti, dimenticanze o scorrettezze subiti allo sportello. Già, perché malgrado quello che comunemente si pensi, l’istituto di credito è un’attività commerciale come le altre, contro cui si può tranquillamente presentare reclamo, anche per questioni di piccolo conto. E se il reclamo non va a buon fine ci si può rivolgere all’arbitro. Ne esistono due. Uno in Bankitalia (dal 2009) e uno in Consob (dal 2017).

Il primo, l’Arbitro bancario finanziario (Abf), gestisce i contenziosi in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, dai mutui ai conti correnti, dai prestiti ai finanziamenti. Il secondo, l’Arbitro per le controversie finanziarie (Acf), si occupa di risolvere le liti su tutti i servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio, dalla compravendita dei titoli ai fondi comuni. In entrambi i casi, la procedura per accedere al «tribunalino» per la difesa dei consumatori è iper semplificata. Per prima cosa bisogna fare un bella protesta formale nei confronti dell’intermediario finanziario inadempiente. Passato il termine stabilito senza aver avuto soddisfazione, 30 giorni per l’Abf e 60 per l’Acf, si compila un modulo on line e si invia la richiesta. Chiunque può accedere al servizio, sia per chiedere la restituzione di somme indebitamente versate o perse (in questo caso c’è un tetto di 100mila euro per l’Abf e di 500mila euro per l’Acf) sia per chiedere il rispetto di diritti, obblighi o facoltà.
Una inutile perdita di tempo? Non sembrano pensarla così gli italiani che, anzi, stanno prendendo d’assalto gli sportelli virtuali degli arbitri di Consob e Bankitalia.

Nel 2016 all’Abf sono arrivati 21.652 ricorsi, in aumento del 59% sul 2015. E tutto fa pensare che i numeri siano destinati a crescere. Secondo le rilevazioni effettuate da Bankitalia, infatti, ad aprile erano già stati presentati oltre 10mila ricorsi. Il che significa una media di 2.500 controversie al mese contro le 1.800 del 2016 e le 1.100 del 2015. Sulla crescita ha inciso il forte incremento di quelli relativi ai finanziamenti contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione, con specifico riferimento alla richiesta di restituzione delle spese sostenute dai ricorrenti e non maturate in caso di estinzione anticipata del rapporto. I dati dell’Arbitro per le controversie finanziarie, nato da meno di un anno, sono ancora parziali. Ma il trend sembra identico. Secondo i dati raccolti dal sindacato First Cisl, infatti, le vertenze aperte presso la Consob, ad ottobre, erano 1.660 ed hanno coinvolto ben 111 intermediari finanziari, 85 dei quali banche.
Ma il dato che soprende è quello sull’esito dei «processi». Per quanto riguarda Bankitalia, tra ricorsi accettati e giudizi superati perché l’istituto si è messo spontaneamente in regola, si arriva al 75% dei risultati favorevoli per i clienti, che hanno ricevuto indietro complessivamente 13 milioni. La musica cambia poco in Consob, dove gli operatori finanziari sono risultati perdenti nel 65% delle decisioni adottate nella prima parte dell’anno. Insomma, anche le banche, qualche volta, pagano.

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