venerdì 29 dicembre 2017

La Bce ci vuol imporre le sue regole

L’Europa va bene. L’Italia molto meno. E la cura suggerita dalla Bce è quella che da tempo aleggia sulla testa dei governi considerati da Bruxelles meno disciplinati nel rispettare la tabella di marcia imposta dai vincoli del Fiscal compact: riscrivere le manovre finanziarie che non si ispirano all’austherity. Difficile capire se il segnale arrivato da Francoforte sia un rimbrotto rivolto alle colombe di Bruxelles o un monito indirizzato ai Paesi che continuano a non fare i compiti a casa. Di sicuro è un assaggio di quello che ci aspetta con la prospettata riforma sul superministro Ue dell’economia e sull’inserimento del fiscal compact nel diritto comunitario.

Nel suo Bollettino economico di dicembre, che vede confermate le positive stime di crescita del Pil dell’eurozona già diffuse lo scorso 14 dicembre (al 2,4% nel 2017, al 2,3 nel 2018, all’1,9 nel 2019 e all’1,7 nel 2020), oltre alla necessità di proseguire nello stimolo monetario per riportare l’inflazione verso l’obiettivo prossimo al 2%, la Bce dedica un capitolo alla valutazione dei documenti programmatici di bilancio svolta dalla Commissione, sottolineando come questo strumento sembri «aver perso efficacia nel corso del tempo». Un giro di parole, quello di Francoforte, per ricordare a Bruxelles che dal 2013 è possibile «chiedere agli Stati membri di fornire un aggiornamento al documento di bilancio» quando questo evidenzi «interventi strutturali palesemente carenti rispetto a quanto richiesto». Un’opportunità, sottolinea la Bce, che la Commissione non ha mai sfruttato, «ritenendo che non si fossero mai verificati casi di inadempimento particolarmente gravi». Di fronte agli scostamenti, è la critica dell’Eurotower, Bruxelles si è limitata anche quest’anno ad invitare i Paesi «a prendere in considerazione le misure necessarie per fronteggiare i rischi individuati». Ma nessuno ha adottato misure aggiuntive, magari sperando che il ciclo economico favorevole possa sistemare le cose. Sbagliato, avverte la Bce, ribadendo che «bisogna restituire maggiore efficacia» alla valutazione delle manovre. È proprio «nei periodi di congiuntura favorevole che bisogna fronteggiare gli squilibri di bilancio, così da avere maggiore margine per interventi di bilancio in periodi di futuro rallentamento ciclico».

In altre parole, serve un controllo preventivo sui governi. Per evitare, come si fa con i bambini, che dopo aver mangiato troppe caramelle poi vengano colti da un fulminante mal di pancia. E l’Italia di caramelle ne ha già mangiate in abbondanza, secondo la Bce. Tra i sei Paesi i cui documenti di bilancio configurano un rischio di non conformità con il Patto di stabilità, «per Belgio, Francia, Italia e Portogallo si prevedono nel 2018 elevati livelli di debito pubblico, superiori al 90 per cento del Pil» e «ad eccezione del Portogallo, non si prevede che il debito di questi paesi sia ricondotto su livelli prossimi al valore di riferimento stabilito dalla regola del Patto, ovvero il 60% del Pil». Nel caso specifico dell’Italia, prosegue Francoforte, «nella lettera inviata dalla Commissione il 22 novembre si afferma che sono stati fatti progressi insufficienti e che il debito pubblico rimane una vulnerabilità chiave».

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