sabato 10 settembre 2016

Asse Italia-Francia-Grecia. Berlino perde la testa

La sortita anti-austerity dei Paesi del Sud ha fatto infuriare Bruxelles, segnando una spaccatura profonda tra i sostenitori teutonici del rigore e i fan della flessibilità. Lo scopo, probabilmente, era quello di fare squadra per tentare di ammorbidire i diktat della Commissione. Ma la partecipazione del premier italiano Matteo Renzi e di quello francese Francois Holland al vertice organizzato ad Atene da Alexis Tsipras in coincidenza con l’Eurogruppo, ha per ora ottenuto solo insulti e avvertimenti.

Che la giornata non fosse buona lo si è capito dalle prime ore del mattino. Pier Carlo Padoan, arrivando a Bratislava per il summit dei ministri dell’economia europei, ha cercato di depotenziare l’appuntamento. Le riunioni di Eurogruppo ed Ecofin, ha spiegato ai giornalisti prima di entrare, «sono di tipo informale, quindi c’è molta opportunità di parlare di temi molto generali come la riforma del Patto di stabilità, l’istitutizione di possibili strumenti fiscali comuni e l’approfondimento dell’Unione monetaria». Insomma, poco più di un seminario di studio.
A stretto giro, però, è arrivata la doccia gelata. A riportare il titolare di Via XX Settembre coi piedi per terra ci ha pensato il commissario Ue agli affari economici Pierre Moscovici, francese come il premier che nelle stesse ore sedeva accanto a Renzi e Tsipras per chiedere meno rigore all’Europa, ma con tutt’altre idee per la testa. Annunciando un incontro bilaterale con Padoan proprio per parlare della nostra manovra, il commissario ha spiegato che «l’Italia ha già beneficiato di molte flessibilità e deve rispettare le regole». Si tratta di regole «flessibili e intelligenti, ma non bisogna avere troppa fretta». Come dire che il nostro Paese quello che poteva avere lo ha giù avuto nel 2016, con i 7,5 punti di flessibilità concessi. E pretenderne subito altri per il 2017 non rientra affatto negli accordi.
Moscovici non ha comunque voluto chiudere di netto la partita. E alla domanda diretta sulla richiesta di flessibilità italiana, si è limitato a rispondere: «Non siamo ancora a questo punto. Aspettiamo il documento programmatico di bilancio che arriverà entro il 15 ottobre».

Ben più roventi le polemiche alimentate dall’iniziativa greca. La trasferta di Renzi e Hollande al controvertice Euromed organizzato da Tsipras in vista del Consiglio Ue del 16 settembre è piaciuta pochissimo al Partito popolare europeo (quello che governa a Bruxelles, per intenderci) e in particolare al capogruppo tedesco Manfred Weber. «Adesso l’Europa ha bisogno di unità e non di nuovi tentativi di divisione», ha tuonato l’europarlamentare, «le richieste di Atene non stanno portando da nessuna parte e Tsipras dovrebbe iniziare ad attuare le riforme che ha promesso». Quanto ai compagni di viaggio del leader greco, ha proseguito Weber, «il fatto che il presidente Hollande, probabilmente per motivi di politica interna, e il primo ministro Renzi stanno consentendo a Tsipras di manipolarli davvero non è un segno di responsabilità».
Come la pensi Berlino sulla kermesse di Atene è sintetizzato causticamente da Wolfgang Schaeuble. «Credevo fosse una riunione di leader di partito e non commenterò su questo», ha ironizzato il ministro delle finanze tedesco, «perche quando i leader socialisti si incontrano per lo più non viene fuori nulla di molto intelligente».

Schaeuble da Bratislava ha poi trovato il tempo di bacchettare pure Mario Draghi, che, puntando il dito (come fanno gli Stati del Sud) sull’enorme surplus commerciale della Germania , gli chiede di fare di più per la crescita e la domanda interna tedesca. Ed ecco la tesi del superfalco dell’esecutivo Merkel: è tutta colpa dell’ex governatore di Bankitalia. Il cambio dell’euro, ha spiegato, è «chiaramente calato» a causa dei bassi tassi di interesse della Bce e per questo il surplus aumenterà anche nell’eurozona, «non bisogna meravigliarsi».
Al di là delle ripercussioni politiche, comunque,dai due vertici non sono uscite novità clamorose. Ad Atene i Paesi del Mediterraneo (Cipro, Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo e Spagna) hanno approvato un documento in cui si chiede all’Europa «più crescita e più investimenti per superare la crisi economica, creare occupazione e proteggere il modello sociale». A Bratislava, invece, i leader si sono trovati in disaccordo sul futuro dell’unione monetaria: c’è bisogno di «un’ulteriore riflessione». Mentre «buoni progressi» ci sarebbero sulle possibili modifiche al Patto di stabilità, per renderlo «più prevedibile, comprensibile e semplice».

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