sabato 10 settembre 2016

Non si riesce più a mollare il lavoro

Giù i posti fissi e stop ai pensionamenti. L’unico dato che cresce con forza nel mondo del lavoro italiano è quello dei licenziamenti. Iniziano a diventare ben visibili gli effetti perversi del combinato disposto jobs act più legge Fornero.  Sul fronte dei posti a tempo determinato il fenomeno era già in atto da diversi mesi. Cessata la decontribuzione piena (da gennaio è al 40%) per i nuovi assunti, le aziende hanno richiuso le porte. Secondo i dati forniti ieri dal ministero del Lavoro sulla base del sistema delle comunicazioni obbligatorie, nel secondo trimestre del 2016 le assunzioni stabili sono state 392.043, appena il 16% del totale delle attivazioni complessive e in calo del 29,4% rispetto al secondo trimestre 2015.

Di fronte all’ennesimo crollo il ministero del Lavoro ha voluto precisare in serata che il saldo complessivo è comunque positivo. I rapporti di lavoro attivati nel secondo trimestre sono stati 2.454.757 (-12,1%) mentre le cessazioni sono state 2.197.862 (470.561 quelle a tempo indeterminato) con un calo del 12,4%.  Il risultato fa dunque 256.895 posti in più.
Ma andando nel dettaglio si vede chiaramente che c’è poco da stare allegri. Oltre ai contratti a tempo indeterminato scendono anche quelli a tempo determinato (-8,7%) e le collaborazioni (-25,4%). Gli contratti a crescere sono quelli di apprendistato, balzati del 26,2%.
Preoccupante è il dato disaggregato sulle cessazioni. Tra i motivi per cui si lascia il posto si registra un calo delle dimissioni (-23,9%), mentre aumentano i licenziamenti. Quelli individuali e collettivi sono stati nel complesso 221.186 in forte aumento sia sullo stesso trimestre del 2015 (+7,4%) sia sul primo del 2016 (+17,8% sui 187.717 registrati nei primi tre mesi dell’anno). Numeri commentati senza peli sulla lingua dal presidente commissione Lavoro, Cesare Damiano (Pd): «Gli ultimi dati del ministero del lavoro ci dicono che l’obiettivo fondamentale che il job act si proponeva, ovvero quello di alzare il famoso 15 per cento di assunzioni a tempo indeterminato a fronte dell’85 per cento di assunzioni precarie ante-jobs act a percentuali più favorevoli e puntando a lavoro di qualità, è per il momento fallito».

Capitolo a parte riguarda i pensionamenti. L’effetto della legge Fornero, con l’aumento dei requisiti scattato a gennaio, ha stroncato la possibilità di andare in quiescenza ad un numero elevatissimo di lavoratori.
Tra le cessazioni richieste dal lavoratore sono  in considerevole calo le dimissioni (-23,9%), a causa ovviamente della crisi, ma soprattutto i pensionamenti, crollati del 41,4%. In particolare sono andate a picco le richieste di uscita previdenziale delle donne, scese del 47% proprio a causa dell’innalzamento della soglia per l’età pensionabile scattato nel 2016. Non a caso nel primo trimestre il calo era stato ancora più forte, del 64,9%.

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