sabato 11 gennaio 2014

Saccomanni sbaglia ancora. Alza l'Iva e perde 3 miliardi

Il conto è leggermente migliorato rispetto ai mesi scorsi, ma il dato è inequivocabile. Da gennaio a novembre il gettito dell’Iva è diminuito del 3,3%. Una percentuale che in termini monetari si traduce in un buco nelle entrate di 3,3 miliardi di euro. Un’emorragia che corrisponde quasi al costo della vecchia Imu sulla prima casa ad aliquota ordinaria (3,7 miliardi) e permetterebbe di azzerare una Tasi al 2 per mille sulla prima casa (3,4 miliardi).

Ma le scelte del governo, e in particolare del ministro dell’Economia, sono state differenti. Fabrizio Saccomanni ha fatto sapere attraverso il Corriere della Sera di sentirsi «bersagliato». I contribuenti, forse, potrebbero dire la stessa cosa. Abbiamo passato l’estate a ragionare sull’aumento dell’Iva dal 21 al 22%. Sì, no, forse. Uno psicodramma. Tutti avvertivano il governo che alzando l’aliquota di un punto ci sarebbe stato un effetto boomerang, che il gettito, già messo a dura prova dalla recessione, si sarebbe assottigliato ulteriormente, così come era già successo nel 2012. Ma lui, Saccomanni, non ha voluto sentire ragioni. I numeri sul suo tavolo dicevano che il mancato aumento dell’Iva avrebbe comportato diminuzioni di gettito dell’ordine di un miliardo ogni tre mesi. Non ci sono i soldi. Non si può evitare. Così, ad ottobre 2013, la super Iva è scattata. E il risultato è stato messo nero su bianco ieri dallo stesso ministero dell’Economia, con il rosso di 3,3 miliardi.

Saccomanni si è comunque consolato, sostenendo che gli scambi interni sono ripartiti. L’Iva su questa componente è infatti diminuita solo dello 0,6% rispetto al crollo del 18,7% dovuto alle minori importazioni. La realtà è che malgrado il continuo salasso fiscale le entrate, come era prevedibile con il Paese strozzato dalla crisi, sono crollate. A Via XX Settembre ci tengono a sottolineare il segno «più» davanti all’1% del saldo complessivo da gennaio a novembre. Ma a salvare l’erario sono stati solo i mostruosi acconti disposti dal ministro dell’Economia per coprire l’abolizione dell’Imu sulla prima casa. Guardando ai dati reali, le entrate totali sono ammontate a 356,6 miliardi, 21 in meno rispetto allo stesso periodo del 2012, con un calo del 5,6%. Il gettito Irpef si è attestato a 144 miliardi di euro (-7,7 miliardi, pari a -5,1%). L’Irpef versata in autotassazione si è attestata a 14,3 miliardi, con un crollo di 8,2 miliardi rispetto all’anno precedente, pari a -36,4%. L'Ires è risultata di 22 miliardi (-13,7 miliardi) anche in questo caso con una contrazione a due cifre del 38,2%.

E l’effetto Laffer si è replicato anche sulle accise. Malgrado gli aumenti degli anni precedenti, l’erario ha incassato un miliardo in meno del 2012 da benzina e gasolio e 730 milioni in meno da sigarette e tabacchi.
Rischiano, invece, di provocare un abbaglio i dati sull’Imu. I documenti dell’Economia, infatti indicano in 7,7 miliardi il gettito incassato dai comuni (sostanzialmente con la prima rata) per l’imposta sulla casa, con un incremento del 30,4% sul 2012. Un risultato che sembra far pensare che gli aumenti delle aliquote decisi dai sindaci abbiano più che compensato l’abolizione dell’Imu sulla prima casa (che avrebbe dovuto far registrare un segno meno). I numeri sono, invece, dovuti al passaggio (disposto con la legge di stabilità di fine 2012) della riserva di Stato dal 50% delle seconde case agli immobili ad uso produttivo. Le entrate dell’erario alla voce Imu sono infatti diminuite di circa 2 miliardi, che sono passati ai comuni. Di fatto, moltiplicando per due (la seconda rata) le entrate dello Stato a novembre e quelle degli enti locali si hanno circa 19 miliardi, che corrispondono più o meno al gettito Imu 2012 sottratta la prima casa.

Ma i segnali negativi non sono finiti. A novembre le partite Iva sono crollate dell’8,5% sullo stesse mese dello scorso anno e i prestiti a famiglie e imprese sono sprofondati ai minimi dell’ultimo decennio. Come era stato già anticipato dalla Bce, la situazione è catastrofica. Complessivamente la stretta delle banche sulla liquidità al settore privato, secondo le rilevazioni di Bankitalia, è stata del 4,3% rispetto al -3,7% di ottobre. Per le famiglie la flessione è stata dell’1,5% rispetto allo stesso mese del 2012 (era a -1,3% il mese precedente). È andata molto peggio alle imprese, che ad ottobre avevano subìto una chiusura dei rubinetti del 4,9% e a novembre hanno collezionato un -6%. Percentuale negativa che non si è mai vista dal 2001, quando sono iniziate le rivelazioni.

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