giovedì 30 gennaio 2014

Saccomanni a Berna al posto del premier: la trattativa con la Svizzera rallenta

Per ora, gli unici accordi tra Italia e Svizzera andati in porto sono quelli sulle ferrovie: martedì è stata firmata l’intesa per il corridoio del San Gottardo e ieri quella per unificare l’omologazione nei due Paesi per locomotive e veicoli passeggeri. Sul fronte dei capitali, invece, la trattativa continua, ma la svolta ancora non si vede. Oggi doveva essere la giornata decisiva.

Dopo il recente ottimismo di Davos, dove i banchieri elvetici hanno speso parole di entusiasmo e condivisione per il negoziato in corso tra le autorità svizzere e quelle italiane sul rientro dei capitali nascosti al fisco, molti pensavano che l’accordo fosse a portata di mano. Ad accrescere le speranze il fatto che al Forum di dialogo fra i due Paesi, organizzato per oggi a Berna dalla rivista Limes, dall’Ispi e dal ministero degli Esteri, fosse prevista la presenza del premier Enrico Letta.
All’ultimo momento, però, il presidente del Consiglio ha preferito lasciare il palco a Fabrizio Saccomanni. Una partecipazione importante, quella del ministro dell’Economia, che ha fatto però scattare un campanello d’allarme. Secondo quanto scritto ieri da Repubblica la sostituzione in corsa della rappresentanza istituzionale italiana ha un significato ben preciso: l’accordo complessivo su segreto bancario, trattamento fiscale e lavoratori transfrontalieri non si farà.

Ad allentare l’urgenza, secondo il quotidiano, ci sarebbero una serie di motivi. Tutti scaturiti da decisioni abbastanza recenti. A partire dal decreto del governo sul rientro dei capitali all’estero. Una misura che, se unita alla legge elvetica che vieta alle banche di gestire fondi provenienti da frodi fiscali, consentirà, a giudizio del governo, di risolvere buona parte del problema senza dover fare particolari concessioni alla Svizzera. Concessioni che, tra l’altro, rischierebbero di aprire un fronte molto delicato per l’industria italiana in un momento in cui le tasse sono alte e le banche non cacciano un quattrino. Togliere la Svizzera dalla lista nera dei Paesi fiscalmente sleali rischierebbe infatti di aumentare enormemente il potere di attrazione esercitato nei confronti delle pmi del Nord Italia, che sta già ampiamente sfilacciando il tessuto produttivo dell’area.
Una situazione di stallo, dunque, che secondo Repubblica si protrarrà almeno fino all’estate. Tutt’altra, però, la posizione di Saccomanni, che ieri ha voluto smentire personalmente qualsiasi intoppo nella trattativa. «Sarò a Berna per discutere tutte le questioni aperte dal lato fiscale», ha detto il ministro, «mi aspetto ulteriori passi avanti nel negoziato». Quanto all’impatto del decreto sulla voluntary disclosure, Saccomanni nega. «Le misure italiane non sono d'ostacolo», ha spiegato, «stiamo andando avanti nella trattativa e abbiamo preso le misure italiane che avevo già indicato al ministro svizzero sarebbero state il presupposto per la continuazione dei negoziati». La mancanza dell’anonimato nel condono varato dal governo è però un precedente che piace poco alla Svizzera, che resta convinta, dal canto suo, che senza l’intesa il governo dovrà ridimensionare di molto gli obiettivi previsti sul rientro dei capitali, considerato che circa il 70-80% dei tesoretti è nascosto proprio nelle banche elvetiche.

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