Sembra una maledizione dantesca quella che si è abbattuta sui parlamentari siciliani. Dopo aver passato anni ad intascare prebende molto più sostanziose dei loro colleghi nel resto d’Italia ora i deputati regionali si ritrovano addirittura con la busta paga completamente vuota. E la beffa è che il blocco degli stipendi coincide con l’entrata in vigore dall’allineamento degli emolumenti, approvato a dicembre tra mugugni e polemiche, al tetto previsto dalla spending review di Monti. Una novità che dal primo gennaio ha ridotto l’assegno mensile dai precedenti 17mila euro lordi ad 11.100 euro.
Le tasche vuote dei parlamentari siciliani non sono, in realtà, che la punta dell’iceberg. Insieme ai 90 deputati, infatti, sono rimasti a bocca asciutta 50-60mila dipendenti pubblici. E se per i politici e per i circa 30mila lavoratori e pensionati assunti direttamente dalla Regione la questione dovrebbe essere risolta in pochi giorni, per i 30-40mila dipendenti delle società e degli enti controllati le prospettive sono molto più cupe.
A determinare il blocco degli stipendi è stata l’impugnativa del commissario dello Stato Carmelo Aronica, che ha deciso di mettere fine bruscamente alla finanza allegra di Palazzo dei Normanni cassando mezza legge di stabilità regionale (37 articoli su 43) e disponendo il congelamento di 558 milioni per rimpinguare il fondo indisponibile a garanzia dei residui attivi (3,5 miliardi di crediti non esigibili, più altri 11,5 miliardi ancora da verificare, accumulati negli ultimi quindici anni) che sarebbe stato prosciugato di due miliardi durante i governi Cuffaro e Lombardo.
La pubblicazione domani in Gazzetta Ufficiale della finanziaria riveduta e corretta dovrebbe sbloccare nel giro di pochi giorni gli stipendi dei dipendenti della Regione. Per gli altri bisognerà trovare le risorse, o attraverso una trattativa con il governo o con un prestito della Cdp. «Serve una exit strategy immediata», ha detto il governatore Rosario Crocetta prendendosela con il commissario e parlando di «disastro sociale senza precedenti». A rischio, per ora, ci sarebbero 26mila persone: si tratta di forestali (20 mila) e di dipendenti di enti, consorzi e fondazioni pubbliche, finanziate dalla Regione e rimaste a secco. Ma secondo Crocetta ci sarà anche un effetto domino sulle imprese private che usufruiscono dei servizi delle aree industriali gestire dall’Irsap. Se così fosse, 2.400 imprese potrebbero mettere alla porta circa 21mila dipendenti.
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