mercoledì 8 gennaio 2014

Il superbollo è un flop. Ma ce lo teniamo stretto

Malgrado il flop clamoroso il governo non sembra disposto a fare marcia indietro sul superbollo. Che la sovrattassa non avesse prodotto gli effetti sperati si era capito già da un po’. Il balzello era stato introdotto dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, nel luglio 2011, con effetto ovviamente reotrattivo: 10 euro aggiuntivi per ogni kW di potenza del veicolo superiore ai 225 kW. Per non essere da meno il professore premier Mario Monti, nel famoso Salva Italia del dicembre 2011, non solo a confermato la stangata sulle auto di grande cilindrata, ma ha addirittura rincarato la dose, raddoppiando l’importo da 10 a 20 euro per ogni kW e abbassando la soglia di partenza da 225 a 185 kW.

La misura avrebbe dovuto portare nelle casse dello Stato 168 milioni. Il risultato, come accaduto anche sulle accise, è stato catastrofico. Nel solo 2012 si è determinata una perdita complessiva, tra minori entrate fiscali e mancati introiti, di circa 140 milioni di euro. Nel dettaglio, lo Stato ha perso 93 milioni di gettito Iva e 13 di superbollo, le Regioni 19,8 milioni di superbollo, le Province 5,2 milioni di mancata Ipt e 9 milioni di addizionale Rc auto. Insomma, un bel capolavoro.
Prevedere quello che sarebbe accaduto non era poi così difficile. Il primo effetto è stato quello sulle compravendite: nel 2012 le immatricolazioni di vetture con potenza superiore ai 185 kW sono crollate del 35% contro il 19,8% del mercato. Mentre i passaggi di proprietà per le stesse tipologie di auto si sono ridotti del 37%. Se la maggior parte delle persone ha semplicemente evitato di acquistare macchine troppo grandi, i più scaltri hanno adottato strategie alternative. Nel nord Italia, ad esempio, si è registrato un boom di falsi leasign di autovetture con targa tedesca o ceca date in noleggio da soggetti commerciali e utilizzate da clienti italiane. Con la conseguenza che oltre al superbollo, per le finanze pubbliche sono venuti meno anche i pagamenti di Iva, Ipt, multe e addizionali locali.

Altri hanno invece optato per la cosiddetta esterovestizione del veicolo. Ovvero radiare il mezzo per l’esportazione in Paesi Ue e poi farlo circolare tranquillamente sul territorio italiano. Il fenomeno è confermato dai dati sulle esportazioni, che hanno mostrato, nel 2012, volumi più che raddoppiati rispetto al 2011 (da 13mila a 29mila euro, +115%).
E sulla base di questi numeri che tutte le principali associazioni della filiera automotive (Anfia, Aniasa, Assilea, Federauto, Unasca, Unrae) hanno da mesi avviato un pressing sul governo per ripensare il balzello. Sforzi che sembrava fossero finalmente riusciti ad ottenere un riscontro. Qualche mese fa il viceministro dell’Economia, Luigi Casero, aveva evidenziato che il superbollo «è stato sbagliato e toglierlo costa pochissimo». E ieri è circolata la notizia che in un imminente incontro con rappresentanti del settore il governo avrebbe messo sul tavolo la questione. Magari già il prossimo 15 gennaio, quando il sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, dovrebbe vedere tutte le associazioni dell’automotive per parlare proprio di fisco, oppure la settimana successiva, quando all’incontro parteciperà anche il ministro Flavio Zanonato.

La notizia di un apertura è stata accolta con soddisfazione da Scelta civica, con il responsabile delle politiche fiscali Enrico Zanetti che si è però chiesto perché il governo abbia sempre bocciato gli emendamenti in tal senso presentati dalla formazione dei montiani alla legge di stabilità.
La risposta è arrivata a stretto giro. Fonti del ministero dell’Economia hanno infatti fatto sapere che «non è allo studio alcuna norma per cancellare il superbollo».
Esulta il piddino Ermete Realacci, che difende il balzello definendo del tutto «immotivata» la sua abolizione. Resta da capire quale sia il senso di una tassa che fa perdere soldi allo Stato, ma non è la prima volta, né sarà l’ultima.

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