venerdì 10 gennaio 2014

Detrazioni sulla casa? A spese nostre

Contribuenti stangati e comuni a bocca asciutta. Dopo mesi di attenta riflessione e di puntigliosa valutazione il governo è riuscito a scontentare tutti. Dal sistema escogitato dal ministero dell’Economia per reintrodurre le detrazioni sulla prima casa già previste dalla vecchia Imu scaturiscono infatti conseguenze paradossali che renderanno ancora più indigesta la nuova Tasi. A partire dai proprietari di casa, su cui verrà di fatto scaricato il peso delle agevolazioni che in precedenza era a carico dello Stato.

La maggiorazione dell’aliquota compresa tra lo 0,1 e lo 0,8 per mille introdotta mercoledì dal governo non avrà alcun impatto sul gettito complessivo della tassa, essendo somme che verrano poi redistribuite attraverso riduzioni di imposta, ma costringerà una fascia di cittadini a farsi carico degli sconti che i sindaci applicheranno agli altri. E a spostarsi da una parte all’altra della base imponibile sulla casa saranno somme rilevanti. Le stime sulle risorse corrispondenti all’aliquota massima dello 0,8 per mille parlano di cifre che vanno dagli 1,4 ai 2,1 miliardi di euro. Soldi che secondo le simulazioni effettuate da diverse associazioni spremeranno una parte consistente dei proprietari, che con la Tasi al 3,3 per mille nei comuni dove le aliquote Imu sono rimaste quelle ordinarie pagheranno addirittura più di prima, ma non saranno neanche sufficienti a replicare la detrazione base di 200 euro prevista per l’imposta sull’abitazione principale nel 2012.
Il bello è che con la mossa di mercoledì il governo è riuscito a far storcere il naso pure ai comuni.

«Prendiamo atto», ha tuonato ieri il presidente dell’Anci, Piero Fassino, «della proposta del governo di prevedere una aliquota aggiuntiva dell’8 per mille sul prelievo Imu per coprire le detrazioni alle fasce deboli della popolazione, tuttavia esprimiamo preoccupazione sul fatto che questo provvedimento non risolve il problema del minor gettito derivante dal passaggio tra Imu e Tasi». Secondo il sindaco di Torino del Pd «sulla prima casa il prelievo Imu variava tra il 4 e il 5 per mille, mentre ora l’aliquota Tasi per la prima abitazione è prevista al 2,5 per mille. Stiamo facendo delle prime simulazioni, ma è evidente che occorre trovare nelle pieghe del bilancio dello Stato quelle risorse che permettano ai Comuni di disporre, anche per il 2014, dello stesso gettito previsto nel 2013».
L’ex segretario dei Democratici di sinistra, in realtà, non la dice tutta. È vero che c’è una differenza di aliquota notevole, ma è anche vero che le precedenti aliquote Imu comprendevano anche le detrazioni, che sottraevano fette consistenti al gettito finale, mentre il 2,5 per mille della Tasi è un prelievo netto, che porta a casa tutto quello che promette.

Ma i conti del comune, anche facendo la tara al ragionamento di Fassino, non tornano lo stesso. L’Imu nel 2012 ha prodotto un gettito complessivo di 23,7 miliardi. Di cui 4 per la prima casa, che nel 2014, aggiungendo lo stop delle detrazioni per i figli conviventi, sarebbero saliti a 4,4 miliardi. Risorse che con l’abolizione dell’Imposta sulla prima casa devono ora essere sottratte al conto. In compenso ci sarà la Tasi, che elevata al suo massimo, il 2,5 per mille, dovrebbe produrre 4,25 miliardi di gettito (al netto delle detrazioni che, come detto prima, si compensano da sole). Ci sono poi le seconde case. Ed è qui che il governo ci ha messo lo zampino. Sulla carta, i conti più meno tornano. Ai comuni basterebbe, infatti, replicare le aliquote dell’Imu sulle seconde case del 2013 per ottenere lo stesso gettito. Mancherebbero, dunque, all’appello solo la differenza tra i 4,4 miliardi delle entrate potenziali sul 2014 e i 4,25 di quelle ottenibili con la Tasi ad aliquota massima sulla prima casa.
Il problema riguarda quel 10,6 per mille previsto dalla legge di stabilità come tetto alla somma di Tasi e Imu. Misura che impedirà, secondo le rilevazione dell’Ifel (Anci), a 922 comuni che hanno già alzato le aliquote sulle seconde case al 10,6 per mille di non poter applicare la Tasi ad aliquota base dell’1 per mille. Il tutto con una perdita di gettito quantificata in circa un miliardo. Non solo. Malgrado l’impossibilità di applicarla, il governo la calcolerà comunque come entrata a carico dei comuni da considerare per i corrispettivi tagli ai trasferimenti. Nella legge di stabilità è infatti previsto che complessivamente la Tasi ad aliquota ordinaria (1 per mille) su tutte le abitazioni produrrà un gettito di 3,7 miliardi. Cosa che non sarà nella realtà.

È chiaro che se tutti i comuni applicassero l’aliquota massima del 10,6 per mille il gettito complessivo della casa (considerata anche la Tasi) schizzerebbe ben oltre quello del 2012, ma l’eventualità, drammatica per i contribuenti, era già prevista anche dalla precedente normativa. E va inoltre detto che i tagli ai fondi dei comuni negli ultimi anni non sono stati trascurabili. Dal 2007 ad oggi, secondo l’Ifel, tra compensazioni, minori trasferimenti e spending review nei bilanci dei comuni si è creato un buco di circa 7,5 miliardi. Di cui un miliardo derivante dalla mancata restituzione del governo dell’Imu pagata dagli enti locali sugli immobili di loro proprietà e da un calcolo errato sul gettito Ici del 2011.
La tensione sull’Imu è comunque salita alle stelle. Oltre ai comuni, sulle barricate sono saliti anche i parlamentari di Scelta civica. «In otto mesi ci sono stati 40 interventi legislativi», ha tuonato il segretario di Scelta Civica, Stefania Giannini. «Ora serve una riforma in grado di chiudere la partita una volta per tutte», ha aggiunto il responsabile politiche fiscali, Enrico Zanetti, chiedendo un tavolo che entro un mese e mezzo al massimo riscriva la fiscalità sulla casa». «Spero che gli amici di Scelta civica ci ripensino», ha replicato il ministro renziano, Graziano Delrio, che ha gestito il confronto con gli enti locali e ora assicura che non ci sarà una marcia indietro del governo. In realtà, la stessa proposta di una moratoria sulla casa era arrivata anche dal deputato renziano Angelo Rughetti. Ma la porta sembra chiusa. Come ha spiegato il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, anche rispondendo ai sindaci, «il capitolo Imu-Tasi è chiuso. Non ci saranno altri interventi». Mentre per il ministro delle Riforme, Gaetano Quagliariello «delle esigenze dei Comuni bisogna tener conto, ma il gettito fiscale sulla casa non può aumentare».

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