giovedì 9 gennaio 2014

La Tasi sale ancora, gli sgravi latitano

Un pasticcio dietro l’altro. L’emendamento sulla Tasi alla fine è arrivato, ma non sarà inserito, come si pensava, nel  decreto Imu-Bankitalia, ma su quello enti locali. Veicolo rovente e ingarbugliato, con cui alla fine dell’anno sono state recuperate le norme saltate per la bocciatura del capo dello Stato del «Salva Roma» e su cui ieri è esplosa la bagarre al Senato. Il governo è infatti andato sotto in commissione Affari costituzionali sui presupposti di costituzionalità del provvedimento. Scivolone che è stato possibile recuperare solo con un provvidenziale voto di senso contrario da parte dell’aula.

Incidenti parlamentari a parte, il governo ha cercato di salvare capra e cavoli con una soluzione il cui impatto sui contribuenti è tutto da verificare. L’incremento delle aliquote Tasi c’è, ma ancora una volta saranno i comuni a decidere l’entità. La forchetta va dallo 0,1 allo 0,8 per mille. Balzelli aggiuntivi che i sindaci potranno caricare sulle aliquote massime consentite (2,5 per mille per la prima casa e 10,6 per mille per la seconda) per finanziare eventuali agevolazioni. La possibilità dell’inasprimento fiscale, come si legge nel comunicato di Palazzo Chigi, «sarà concessa per il 2014, esclusivamente allo scopo di deliberare a favore delle famiglie e dei ceti più deboli ulteriori detrazioni rispetto a quelle già previste dalla legge di stabilità».
L’impegno del governo, sulla carta, è quello di lasciare il gettito invariato rispetto alle previsioni. L’incremento deciso dai comuni «non comporterà alcun aumento della pressione fiscale». Come questo potrà essere controllato e verificato per ogni singolo municipio è poi tutto da vedere. Per ora i sindaci incassano un aumento dello 0,8 per mille che è molto vicino all’1 per mille che avevano chiesto. In termini di gettito complessivo l’incremento potrebbe valere tra gli 1 e gli 1,5 miliardi di euro. Somma che dovrebbe poi essere ripartita tra le fasce più povere.

Ma è chiaro che per molti proprietari di prima casa la Tasi balzera al 3,3 per mille, con un aliquota molto vicina alla vecchia Imu. E le analogie non si fermano qui. Il miliardo e rotti aggiuntivo scaricato sui contribuenti ieri coincide infatti con il miliardo che il governo ha messo sul piatto nella legge di stabilità per alleggerire il peso fiscale complessivo del combinato Imu-Tares. Questo significa che se anche l’incremento delle aliquote dello 0,8 per mille consentisse, e i primi calcoli dimostrerebbero che la torta è ancora insufficiente, a replicare le stesse detrazioni applicate nel 2012, il risultato sarebbe una stangata totale esattamente uguale a quella dell’epoca Monti. Con il rischio che il conto sarà molto più salato, perché l’equivalenza di gettito sbandierata dal governo riguarda la Tasi sulla prima casa ad aliquota base dell’1 per mille e non quella ad aliquota massima del 2,5.

Ipotesi ovviamente smentita, seppure senza troppa convinzione, da Fabrizio Saccomanni. «Non penso che gli italiani pagheranno più tasse con l’arrivo della Tasi», ha detto il ministro dell’Economia, aggiungendo che «si è fatto un passo avanti importante nel chiarire, ancora di più di prima, la natura federale di questo tipo di imposizione». Stesse rassicurazioni sono arrivate dal ministro degli Affari regionali, Graziano Delrio, secondo cui «la misura è finalizzata a una maggiore equità e non a maggiori tasse» e dal sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, che ha ribadito l’assenza di «incrementi della pressione fiscale».
Promesse il cui riscontro gli italiani avranno modo di verificare solo nei prossimi mesi, quando si tratterà di passare alla cassa. Nessun incognita è invece rimasta sulla mini Imu. Si pagherà tutta e subito (il 24 gennaio). Per Saccomanni, comunque, non c’è molto da preoccuparsi. In fondo, ha detto ieri parlando con i giornalisti al Senato, è solo «un piccolo conguaglio, una cifra modesta». E poi non c’era alternativa. «L’abolizione della prima e della seconda rata Imu ha comportato una riduzione d’imposta pari a 4,5 mld», ha spiegato, la mini-Imu è stata decisa «per motivi equitativi» ed è dovuta «alle modalita con cui i comuni possono determinare, alla fine dell’anno, le aliquote da pagare». Complessivamente, secondo quanto calcolato dal Servizio politiche territoriali della Uil, tra lo scherzetto che Saccomanni ha definito «necessario» e il saldo della Tares la stangatina per i contribuenti sarà di 57 euro in media per famiglia.
Uno stillicidio continuo che inizia a trovare dissensi anche nella maggioranza. «Mi domando», ha detto il renziano Angelo Rughetti, «se non valga la pena sospendere la frenesia normativa, rinviare a giugno tutti i pagamenti legati a Tasi, Tari ed Imu e nel frattempo fare un lavoro serio». Posizione condivisa anche da Enrico Zanetti, responsabile politiche fiscali di Scelta Civica, che ha annunciato voto contrario all’emendamento sulle aliquote Tasi.

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