mercoledì 30 gennaio 2013

Forza Passera prende il volo: sberla a Monti sugli aeroporti

Sulla campagna elettorale piomba il piano nazionale per lo sviluppo aeroportuale. C’è chi sostiene che la mossa sia un dono in zona Cesarini ai grandi gruppi privati (dai Benetton, a Vito Gamberale) e chi invece è pronto a scommettere che si tratti di un altro tassello, dopo l’intervista al Coriere della Sera e quella di domenica scorsa al Wall Street Journal, della strategia di Corrado Passera verso la creazione di un nuovo soggetto politico o comunque verso una discesa in campo, magari nuovamente da tecnico, post elettorale. Di certo l’iniziativa del ministro dello Sviluppo ci riporta bruscamente alla realtà, e cioè al fatto che c’è ancora un esecutivo in carica con la possibilità di portare avanti, fin dove la Costituzione lo permette, i progetti messi in cantiere nei dodici mesi di attività. Cosa che, con la crisi che morde, non dovrebbe essere trascurata da nessun esponente dell’esecutivo. A partire da quel Mario Monti ormai completamente calato nel ruolo del candidato in servizio permanente effettivo e transitato con disinvoltura dal regno dei fatti a quello delle promesse.

In quest’ottica, il Piano nazionale sugli aeroporti può essere letto come una spallata al premier, un atto concreto per ricordare a Monti che c’è ancora tanto da fare e non si possono tirare i remi in barca. Questa, del resto, è la chiave di lettura fornita dallo stesso viceministro alle Infrastrutture, Mario Ciaccia, che ha curato gli aspetti tecnici del provvedimento. «L’atto che oggi inviamo alla Conferenza Stato-Regioni», ha spiegato, «è un altro tassello importante della modernizzazione normativa che, nel corso di quest’anno, abbiamo portato avanti sul fronte infrastrutturale ». Il piano, ha proseguito Ciaccia, «dà finalmente applicazione ai princìpi della normativa europea e nazionale di settore, proponendo un modello di sviluppo aeroportuale di grande respiro. Questo piano, che è dunque frutto di un lungo processo normativo, può essere un’opportunità importante per riformare e dare organicità al settore aeroportuale» .
In effetti, il provvedimento che riordina il settore sotto il profilo gestionale, infrastrutturale e della qualità dei servizi era atteso da 26 anni. E nel merito, stando almeno a quanto sostengono dal ministero, recepisce gli orientamenti comunitari, gli indirizzi governativi e quelli parlamentari. Non si tratta, insomma, di un fulmine a ciel sereno. E neanche di un colpo di mano, visto che si tratta di una proposta di indirizzo che sarà ora inviata alla Conferenza permanente Stato-Regioni per la necessaria intesa e, successivamente, potrà essere adottata con un apposito decreto dal Presidente della Repubblica.

Sugli effetti positivi è pronto a scommettere il presidente dell’Enac. Il beneficio maggiore del Piano per lo sviluppo degli aeroporti «è che, se si riesce a risparmiare nei prossimi contratti di programma, le tariffe possono scendere», ha detto Vito Riggio, spiegando che «finora le tariffe sono state basse artificiosamente perché il legislatore ha fatto diversi decreti legge per tenerle bloccate, adesso in questa fase ricominciano a crescere per favorire gli investimenti, ma se si riesce a razionalizzare e a risparmiare ovviamente noi potremmo abbassare le tariffe e quindi conseguentemente i biglietti aerei».
E a chi non ama la pianificazione Riggio ricorda «che questi sono piani di nuova generazione, flessibili e rivedibili, che danno però un quadro di certezze. Cosa importante soprattutto nel settore del trasporto aereo, che essendo completamente liberalizzato ha bisogno che ci sia una qualche capacità di regolazione per orientare soprattutto il flusso degli investimenti».

Ed è proprio sul terreno degli investimenti che si stanno concentrando i sospetti di chi vede nell’atto di indirizzo un favore ai grandi gruppi. Del resto il piano dice chiaramente da una parte che per gli scali che hanno una forte rappresentanza pubblica si «reputa opportuno procedere alla progressiva dismissione di quote societarie da parte degli enti pubblici», in altre parole, privatizzazioni, e, dall’altra che «gli aeroporti di interesse nazionale potranno essere interessati da un programma di infrastrutturaione che ne potenzi la capacità, l’accessibilità e l’intermodalità». A partire da Roma Fiumicino, dove è prevista la «realizzazione di una nuova pista e il potenziamento delle aree di imbarco e dei Terminal», e Malpensa e Venezia, dove si parla, invece, di un «miglioramento dell’accessibilità delle strutture e della interconnessione con l’alta velocità». E il pensiero corre inevitabilmente al fondo F2I di Vito Gamberale (partecipato anche dalla Cdp), protagonista assoluto negli ultimi mesi del risiko aeroportuale con acquisizioni a raffica nelle società che gestiscono gli scali di Torino, Firenze e Bologna, che si aggiungono alle quote già detenute nella milanese Sea e nella napoletana Gesac. Riflettori puntati, infine, anche sui Benetton, azionisti di riferimento di Gemina (insieme a Mediobanca, Unicredit, Generali, Unipol), che controlla la società Aeroporti di Roma.

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