martedì 22 gennaio 2013

Zingales: "Monti ha accontentato solo i creditori dell'Italia"

Meno tasse, meno burocrazia, meno Stato e più impresa. Praticamente, spiega Luigi Zingales, «siamo la nuova Lega». Il professore di imprenditorialità e finanza all’Università di Chicago, bocconiano doc, tra i promotori del movimento guidato da Oscar Giannino che si presenta alle prossime elezioni “Fare per Fermare il declino”, non ha dubbi: «Noi riproponiamo lo spirito originario delle proposte leghiste, che era quello liberale e liberista». Inutile ricordargli che di quel quel progetto faceva parte anche Silvio Berlusconi. All’economista il Cav non piace. «Ha fatto», dice, «lo stesso errore che sta facendo ora Mario Monti, si è circondato di persone sbagliate».

Il Financial Times, però, sembra convinto che i difetti di Monti vadano al di là dei compagni di viaggio...
Il principale difetto dell’attuale premier è quello di aver fatto il commissario liquidatore dell’Italia. Un modo per accontentare i creditori, senza però pensare ai debitori, che sono gli italiani e sono stati caricati di tasse.

Cosa si poteva e doveva fare di più?
Ci sono tanti punti su cui non è stato fatto tutto il possibile. Mi viene in mente una cosa che può sembrare marginale, ma è emblematica: perché non ha tolto tutte le auto blu agli ex ministri?
Non avrebbe aiutato molto i conti pubblici...
Ma forse avrebbe reso un po’ meno odiose le imposte, che tra le altre cose anche quelle auto vanno a finanziarie. La lotta all’evasione non si fa trasformando tutti i cittadini in presunti colpevoli, come fa il redditometro, ma abbassando le tasse e offrendo servizi più efficienti.

Se doveste vincere le elezioni cosa fareste dell’Imu?
In linea di principio tra un’imposta sulla casa e l’Irpef preferisco la prima, anche perché se fosse effettivamente destinata tutta ai Comuni rientrerebbe in quel meccanismo virtuoso di controllo da parte dei cittadini sul rapporto tra imposte e servizi. Detto questo credo che l’Imu debba essere ridisegnata sulla base della capacità contributiva dei cittadini e resa più graduale.

Niente riduzione delle tasse, dunque?
Tutt’altro. Credo che la priorità sia quella di abbattere la spesa (6 punti percentuali in 5 anni) e tagliare di conseguenza le tasse. A partire da quelle sul lavoro e sui giovani.

Anche Berlusconi ha proposto di detassare i giovani assunti. Cosa ne pensa?
Che sia una buona idea. Ma deve essere finanziata. E un’ipotesi potrebbe essere quella di toccare le pensioni d’oro, ma solo quelle con un rapporto sproporzionato tra contributi versati e assegno incassato.

E sul fronte del lavoro, pensa che la riforma Fornero vada nella giusta direzione?
La riforma Fornero non ha migliorato le cose, probabilmente le ha peggiorate. E in questo caso era meglio non fare alcuna riforma che farla sbagliata. Ma il vero problema in Italia non è solo la flessibilità. Il principale gap di competitività delle nostre imprese riguarda il peso della burocrazia. È qui che bisogna intervenire con una riforma che rivoluzioni l’efficienza della Pa, perché oggi ogni imprenditore si alza la mattina e deve combattere per tre ore contro la burocrazia prima di poter iniziare a lavorare.

Ci hanno provato in tanti...
Lo so. Serve la determinazione di una Thatcher, che con la forza del coraggio e delle idee è riuscita a trasformare un Paese alla deriva in un Paese che ancora oggi produce più del nostro.

E il welfare?
Il liberismo non rifiuta il welfare. Anzi. La rete di protezione per i lavoratori è necessaria anche perché aiuta le persone, senza togliere il costo del fallimento, ad assumersi i rischi dell’impresa.


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