Conti correnti La norma apparentemente più semplice è quella che riguarda i conti correnti. Il Salva Italia ha introdotto un imposta di bollo fissa a 34,20 euro l’anno per tutti i rapporti finanziari, compresi i conti postali, e i libretti di risparmio sia bancari sia postali. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche la misura del tributo viene, invece, incrementata, fino a 100 euro. Il balzello viene pagato con scadenze che rispecchiano quelle dell’estratto conto, quindi trimestrali, semestrali o annuali. E qui iniziano le prime grane. La norma, infatti, prevede due esenzioni. Una per i redditi più bassi, ovvero per chi ha una certificazione Isee sotto i 7.500 euro (rientrano in questa categoria i cosiddetti conti correnti di base). L’altra per le giacenze inferiori a 5mila euro.
Giacenze e soglie Il problema è che il calcolo della giacenza, non è annuale, ma è effettuato sulla base della periodicità dei rendiconti. Può quindi accadere che io abbia 10 euro sul conto per tre trimestri e poi 6mila solo nell’ultimo e che io debba quindi pagare la quota di 8,55 euro (34,20 diviso 4) relativa ai tre mesi, malgrado una giacenza media inferiore ai 5mila. Per lo stesso motivo è inutile togliere i soldi prima della rendicontazione, si pagherebbe, comunque proquota per tutti i periodi in cui la soglia è stata superata. Occhio, infine, ai giochini nello spacchettare le somme. La somma per l’esenzione si calcola su tutti i rapporti intestati alla stessa persona nella stessa banca. Per evitare il salasso bisognerà, dunque, o cambiare banca oppure distribuire la cifra su un conto magari cointestato.
Conti all’estero Inutile cercare di fuggire all’estero. Il bollo va pagato anche sui rapporti finanziari aperti con banche non italiane, che devono comunicare, tranne ovviamente nei casi di istituti con sede in paradisi fiscali, allo stato di residenza del contraente, attraverso la Uif, unità di informazione finanziaria, tutti i dati relativi al conto corrente. In più, se la movimentazione di denaro supera i 10mila euro, dovrete anche la cifra nel quadro RW della dichiarazione dei redditi. Tenendo conto che la soglia si calcola sulla movimentazione e scatterebbe, dunque, anche con un versamento di 6mila euro e un prelievo di 5mila.
Conto titoli Più intricata è la norma relativa all’imposta di bollo su tutti i prodotti finanziari detenuti dai cittadini italiani (tranne i fondi pensione e i fondi sanitari). In questo caso il balzello da pagare sale nel 2013 allo 0,15% (era lo 0,1% nel 2012) delle somme detenute, con un’imposta minima di 34,20 euro per tutti. La tassa riguarda tutto e tutti: dai titoli di Stato alle azioni, dalle polizze ai derivati, dai fondi di investimento, alle quote di organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr), fino ai conti deposito su cui fino allo scorso anno si pagava un’imposta di 1,8 euro e tutte le banche offrivano gratuitamente ai propri clienti.
Impossibile sottrarsi Il calcolo della tassa viene fatto il 31 dicembre sul valore di mercato (o, in alternativa, su quello nominale) per la maggior parte dei prodotti, tranne che per le polizze, anche quelle stipulate con società che abbiano sede all’estero. In questo caso il pagamento avviene in un’unica soluzione al momento del riscatto o del rimborso. Il rischio è che voi passiate degli anni pensando che lo Stato sia sia dimenticato di voi, mentre ogni 31 dicembre l’intermediario calcolava il vostro balzello e ve lo metteva sul conto. Quanto alla possibilità di togliere il denaro in vista della rendicontazione, sarebbe uno sforzo inutile. L’imposta si paga infatti pro quota su tutti i giorni dell’anno che i prodotti finanziari sono stati in vostro possesso, a prescindere da dove siano finiti allo scadere dei dodici mesi.
La beffa del tetto Quello su cui si può intervenire e a cui bisogna fare attenzione è l’imposizione minima di 34,20 euro. L’unico caso di esenzione dal pagamento previsto dalla legge è infatti quello in cui il conto di deposito sia pari a zero e non sia stato movimentato neanche una volta nel corso dell’anno. Il che significa che anche in presenza di pochi euro la tassa sarà comunque di 34,20 euro. Ed ecco la beffa. Rispetto all’aliquota dello 0,15%, infatti, chi ha investito 1.000 euro in un fondo comune pagherà un balzello che corrisponde al 3,42% del capitale. Se la somma fosse di 500 euro la vostra tassa, nel nome dell’equità, sarebbe addirittura del 6,84%. Occhio, dunque, a lasciare pochi spiccioli depositati da qualche parte. Così come bisogna fare attenzione, paradossalmente, a diversificare il portafoglio. Un piccolo risparmiatore prudente che avesse deciso di investire 5mila euro distribuendoli su 5 diversi fondi si troverebbe a pagare a fine anno un’imposta mostruosa di 171 euro.
Buoni fruttiferi postali Discorso diverso per i buoni fruttiferi postali. In questo caso l’imposta si paga solo se il loro valore complessivo supera i 5mila euro. Anche qui, per, non è così semplice. Non concorrono al raggiungimento della soglia, infatti, i buoni cartacei emessi prima del gennaio 2009. Per tali buoni, anche se inferiori a 5mila euro, l’imposta dovuta al momento del rimborso si calcola per ciascun anno con l’aliquota dello 0,15%, ma senza misura minima di 34,20 euro. Il tetto si abbassa, infatti, a 1,81 euro.
Le rendite E i balzelli non sono affatto finiti. Le somme che vengo tassate periodicamente solo per il fatto di essere possedute vengono infatti tassate una seconda volta non appena producono un po’ di reddito. Dal primo gennaio 2012 è stata fissata un’aliquota unica del 20% (al posto delle due precedenti aliquote del 12,5 e del 27%) per quasi tutti i rendimenti derivanti da prodotti finanziari, siano essi interessi del conto corrente o plusvalenze di compravendite azionarie. L’imposta è del 12,5% solo per il titoli di Stato e per i buoni fruttiferi postali.Anche per i fondi pensione resta l’imposta sostitutiva dell’11% sui risultati di gestione.
Tobin tax Le somme saranno infine tassate una terza volta se si tratta di titoli azionari. Gli scambi di azioni sui mercati regolamentati, grazie alla Tobin Tax inserita nella legge di stabilità appena varata, saranno colpiti allo 0,12% del loro valore di transazione dall’1 marzo 2013, mentre da gennaio 2014 l’aliquota sarà ridotta allo 0,10%. Da luglio, poi, la tassa si applicherà anche sui derivati su azioni, con la previsione di un costo fisso, ma crescente all’aumentare del valore sottostante del titolo e sulla base della sua maggiore o minore qualità speculativa. Si parte da 2,5 centesimi per operazione fino ai 20 euro per gli strumenti meno speculativi, mentre per quelli considerati più speculativi si parte dai 12,50 ai 100 euro per ciascuna operazione.
© Libero
Conto titoli Più intricata è la norma relativa all’imposta di bollo su tutti i prodotti finanziari detenuti dai cittadini italiani (tranne i fondi pensione e i fondi sanitari). In questo caso il balzello da pagare sale nel 2013 allo 0,15% (era lo 0,1% nel 2012) delle somme detenute, con un’imposta minima di 34,20 euro per tutti. La tassa riguarda tutto e tutti: dai titoli di Stato alle azioni, dalle polizze ai derivati, dai fondi di investimento, alle quote di organismi di investimento collettivo del risparmio (Oicr), fino ai conti deposito su cui fino allo scorso anno si pagava un’imposta di 1,8 euro e tutte le banche offrivano gratuitamente ai propri clienti.
Impossibile sottrarsi Il calcolo della tassa viene fatto il 31 dicembre sul valore di mercato (o, in alternativa, su quello nominale) per la maggior parte dei prodotti, tranne che per le polizze, anche quelle stipulate con società che abbiano sede all’estero. In questo caso il pagamento avviene in un’unica soluzione al momento del riscatto o del rimborso. Il rischio è che voi passiate degli anni pensando che lo Stato sia sia dimenticato di voi, mentre ogni 31 dicembre l’intermediario calcolava il vostro balzello e ve lo metteva sul conto. Quanto alla possibilità di togliere il denaro in vista della rendicontazione, sarebbe uno sforzo inutile. L’imposta si paga infatti pro quota su tutti i giorni dell’anno che i prodotti finanziari sono stati in vostro possesso, a prescindere da dove siano finiti allo scadere dei dodici mesi.
La beffa del tetto Quello su cui si può intervenire e a cui bisogna fare attenzione è l’imposizione minima di 34,20 euro. L’unico caso di esenzione dal pagamento previsto dalla legge è infatti quello in cui il conto di deposito sia pari a zero e non sia stato movimentato neanche una volta nel corso dell’anno. Il che significa che anche in presenza di pochi euro la tassa sarà comunque di 34,20 euro. Ed ecco la beffa. Rispetto all’aliquota dello 0,15%, infatti, chi ha investito 1.000 euro in un fondo comune pagherà un balzello che corrisponde al 3,42% del capitale. Se la somma fosse di 500 euro la vostra tassa, nel nome dell’equità, sarebbe addirittura del 6,84%. Occhio, dunque, a lasciare pochi spiccioli depositati da qualche parte. Così come bisogna fare attenzione, paradossalmente, a diversificare il portafoglio. Un piccolo risparmiatore prudente che avesse deciso di investire 5mila euro distribuendoli su 5 diversi fondi si troverebbe a pagare a fine anno un’imposta mostruosa di 171 euro.
Buoni fruttiferi postali Discorso diverso per i buoni fruttiferi postali. In questo caso l’imposta si paga solo se il loro valore complessivo supera i 5mila euro. Anche qui, per, non è così semplice. Non concorrono al raggiungimento della soglia, infatti, i buoni cartacei emessi prima del gennaio 2009. Per tali buoni, anche se inferiori a 5mila euro, l’imposta dovuta al momento del rimborso si calcola per ciascun anno con l’aliquota dello 0,15%, ma senza misura minima di 34,20 euro. Il tetto si abbassa, infatti, a 1,81 euro.
Le rendite E i balzelli non sono affatto finiti. Le somme che vengo tassate periodicamente solo per il fatto di essere possedute vengono infatti tassate una seconda volta non appena producono un po’ di reddito. Dal primo gennaio 2012 è stata fissata un’aliquota unica del 20% (al posto delle due precedenti aliquote del 12,5 e del 27%) per quasi tutti i rendimenti derivanti da prodotti finanziari, siano essi interessi del conto corrente o plusvalenze di compravendite azionarie. L’imposta è del 12,5% solo per il titoli di Stato e per i buoni fruttiferi postali.Anche per i fondi pensione resta l’imposta sostitutiva dell’11% sui risultati di gestione.
Tobin tax Le somme saranno infine tassate una terza volta se si tratta di titoli azionari. Gli scambi di azioni sui mercati regolamentati, grazie alla Tobin Tax inserita nella legge di stabilità appena varata, saranno colpiti allo 0,12% del loro valore di transazione dall’1 marzo 2013, mentre da gennaio 2014 l’aliquota sarà ridotta allo 0,10%. Da luglio, poi, la tassa si applicherà anche sui derivati su azioni, con la previsione di un costo fisso, ma crescente all’aumentare del valore sottostante del titolo e sulla base della sua maggiore o minore qualità speculativa. Si parte da 2,5 centesimi per operazione fino ai 20 euro per gli strumenti meno speculativi, mentre per quelli considerati più speculativi si parte dai 12,50 ai 100 euro per ciascuna operazione.
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