venerdì 16 marzo 2012

Il governo studia l'insabbiamento sulla liberalizzazione delle tlc

L’Agcom, per ora, si chiama fuori, ma il duello sulla liberalizzazione delle reti tlc resta serrato e i tecnici del governo stanno lavorando ad una soluzione per disinnescare la norma contenuta nel decreto semplificazioni.
Ieri il consiglio dell’authority per le tlc si è riunito per la seconda volta (la prima è stata l’8 marzo) dal giorno del parere informale inviato al dipartimento delle Comunicazioni del ministero dello Sviluppo dalla segreteria generale dell’Agcom. Un parere, non passato per il consiglio e chiesto dal ministero di Corrado Passera solo dopo l’approvazione del provvedimento con parere favorevole del governo, che ha fatto storcere il naso a più di un commissario.

Di qui il basso profilo scelto dall’Agcom, che sia ieri sia l’8 marzo ha evitato accuratamente di prendere posizione sulla questione, limitandosi a far sapere, in maniera ufficiosa, che, «non essendo in discussione il merito delle liberalizzazioni, ma solo la coerenza dell’assetto istituzionale con il quadro comunitario del settore», resta in attesa di Bruxelles. La patata, in realtà, è assai bollente. La norma così com’è oltre a costringere l’ex monopolista ad entrare in concorrenza con altre società per la manutenzione della sua rete, rischia anche di far venire alla luce una dinamica di costi disallineata rispetto al canone complessivo di affitto della rete (che comprende anche la manutenzione) stabilito proprio dall’Agcom.
Stesso imbarazzo è quello del governo. Non è la prima volta che il governo Monti pasticcia con testi ed emendamenti (basti pensare a banche e precari della scuola). Questa volta, però, dovrà fare i conti con un robusto schieramento parlamentare bipartisan che non vuole fare passi indietro rispetto alla norma approvata all’unanimità alla Camera. L’ipotesi che si sta studiando si muove sulla falsa riga di quanto avvenuto sulla separazione della rete Fs, prima sbandierata e poi rimessa nel cassetto affidandone la valutazione all’authority dei trasporti. Non è un caso che il fronte del no alla norma insista solo sulla violazione formale delle competenze dell’Agcom. Proprio qui potrebbe intervenire il governo, ribadendo nel decreto solo il principio, ma affidando tutta la pratica all’authority. I parlamentari potranno comunque cantar vittoria e l’autonomia dell’Agcom sarà salva. A farne le spese, chiaramente, sarà solo la liberalizzazione della rete, rinviata a data da destinarsi.

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